94 PARTE PRIMA sul ceto popolare, le due uniche forze, che, saldamente tra loro avvinte, avrebbero potuto difendere i destini della costituzione. Singolare era certo la situazione che si concretava nella mancanza di decise forze propulsive capaci di accogliere e sospingere quelle idee che si dimostravano sane per il mutarsi dell’Europa e non già per la situazione semplicemente interna dello Stato. In questo strano fenomeno stava quella paralisi evolutiva che però dimostrava, almeno per certi aspetti, il fatto che gli ordinamenti veneziani corrispondevano alla vita di larghi strati della popolazione dello Stato. Questa paralisi « di benessere », che non riuscì a fomentare nell intemo movimenti rivoluzionari, non fece neppure seriamente avvertito il governo veneziano della necessità di agire e di provvedere. Pericoloso si presentava intanto il movimento della borghesia collegato a tendenze liberaloidi e ciò non per il movimento in sè, ma perchè, forse conscia la borghesia delle sue forze limitate, si legava ai grandi movimenti stranieri che avrebbero più tardi cospirato contro l’indipendenza dello Stato. Sotto questo punto di vista, si può comprendere e approvare il riserbo del governo veneziano verso questo nuovo movimento che, illudendosi sulle promesse di libertà francesi (ed è l’unica giustificazione), preparò la caduta della Repubblica e la servitù della patria. Non erano mancate d’altronde riforme economiche promosse dal governo veneziano. Il settecento veneziano non rappresentò invero il collasso della Repubblica, la cui vita economica, se non florida, fu certamente resistente. Anche il rigido protezionismo abbracciato da Venezia era temperato da savi principi che ponevano in risalto che cosa si deve