218 PARTE SECONDA protrarne la vita, o spinti dal lungo uso dell’obbedienza, o paghi della esperimentata sua mansuetudine » (1). Quando i francesi, con un gioco politico che fu inizio del tradimento consumato a Campoformido (2), giunsero nelle isole jonie, i sudditi « tutti placidi e mansueti, non =i valsero dell’anarchia a danno della tranquillità e della sicurezza personale, ma fecero conoscere che per freno alle loro passioni bastavano la memoria ed il prestigio dell’estin-to governo ». « Nè questa — si scrisse — è tenue lode ai veneti, imperocché al dire del Filangeri ciò che si stima virtù in un’epoca può in un’altra non meritare la pubblica approvazione... » (3). Scriveva lo Zanotto che fu il Governo veneziano a mancare ai sudditi e non questi a quello (4). 11 Tiepolo riteneva « che in nessuno dei paesi soggetti al veneto dominio (puossi asserirlo in faccia al mondo (') PlGNATORRE, Op. cit., pg. 193. (') La spedizione francese-veneziana partita nel 1797 da Venezia doveva occupare le isole jonie per assicurare l’unione delle isole jonie al nuovo Stato democratico veneziano e non già alla Francia. Le navi partirono da Venezia dopoché Napoleone aveva fatto sbarcare gli schiavoni, che furono allontanati più tardi anche dalla stessa isola di Corfù. La morale della farsa giocata dai francesi, camuffati nelle isole jonie da democratici veneti, fu rivelata, dopo Campoformido, dallo stesso Napoleone che scriveva al Talleyrand: «Nous acquérons la part de la république de Venise la plus précieuse pour nous», RODOCANACHI, Bonaparte et les îles joniennes, Paris, 1899, pgg. 34, 52, 61. Quest’ultimo autore, in questa sua opera antiveneziana (dove si esagerano abbondantemente i difetti del governo veneziano) fu costretto ad ammettere che bastò ben poco perchè « les populations qui les (cioè i francesi) avaient accueillis d'abord si non avec enthousiasme au moins sans malveillance, se prissent à regretter les dilapidations, la tyrannie, mais aussi la tollerance de leurs anciens maîtres » (prefazione). Difficile sembra però poter conciliare tirannia e tolleranza. (3) PlGNATORRE, op. cit., pg. 194. (‘j Storia della Repubblica veneta, II, pg. 386.