PARTE SECONDA 193 L’aristocrazia veneta, aristocrazia di oro, di armi e di navi, non poteva dimenticare le sue origini. Come non riguardò il popolo con senso diffidente ed anti-sociale, così non riguardò i sudditi con diffidenza o con riserbo. 11 concetto della formazione organica, armonica ed unitaria (*) dello Stato veneto presupponeva l’esistenza d’un governo deferito ai nobili, ai benemeriti della patria, ed a coloro che erano ritenuti « virtute insignes ». Non i rappresentanti di qualsiasi ceto dello Stato dovevano reggere il governo, ma i più meritevoli ed i più illustri (2). Scriveva il Contarini che i veneti vivevano felicemente; in sostanza i patrizi, chiamati gli occhi della Repubblica, non guardavano soltanto a sè ma anche a tutti gli altri membri componenti dello Stato i quali obbedivano assai volentieri agli elementi migliori. Non a torto, del resto, il Cavalcanti scriveva che lo stato popolare « ... è vario et composto di diversi costumi ( ) CONTARINI, De venet. Rep., lib. I, pg. 94: « At quidem multitudo omnis gubernationi per se inepta est, nisi in unum quodam-modo coalescat : quando quidem neque multitudo ulìa esse queat, nisi unitate aliqua contineatur ». L’aristocratizzazione dei municipi sudditi veneti avvenne in epoca tarda (verso il sec. XVII), cfr. in LOMBROSO, Perchè fu grande Venezia?, Roma, 1898. (2) Discriminante è solo la virtù : « coloro, che di numero sono uguali non sono del tutto, ma in qualche parte uguali, et coloro, che sono di ricchezze diseguali, non si debbono del tutto, ma in qualche parte stimare diseguali. Ma essendo la civil compagnia ordinata al ben vivere, la virtù sola dee fare questa differenza... », CoN-TARINI, Repubblica, ed. in volgare, pg. 27. Questo autore ricordava poi che i sommi filosofi avevano scritto che gli « huomini di fuori e stranieri » dovevano essere considerati in modo particolare. B. Dudan - Il [dominio di Levante di Venezia *3