190 PARTE SECONDA comune lavoro o furono costretti invece ad obbedire con la forza al volere della potente Repubblica. Intorno al governo dei sudditi si soffermarono molti pensatori. Ma a Venezia grandi teorici dell’arte del governo non esistettero. Sono invece spesso alcuni umili magistrati quelli che gettano colle loro relazioni e nei più disparati documenti una luce sull’arte del governo ('). Non mancarono, soprattutto nel secolo XV e nel secolo XVI, autori che, sotto l’influenza deH’umanesimo, assai prudentemente si sforzarono a delineare una teoria del governo veneziano spesso con acute curiose osservazioni. Giacomo di Porcia, autore di un piccolo trattato sull'amministrazione della Repubblica veneta (2), faceva alcune critiche ai sistemi del governo veneziano. Egli desiderava che i magistrati spediti da Venezia nelle provincie fossero « aequissimi et minus avariciae obnoxi ». Come testimone oculare aveva visto spogliazioni, indebite imputazioni e torture. Fate in maniera tale di eleggere magistrati « aequissimos et prudentissimos » per il governo delle vostre città — egli scriveva (3). Raccomandava di rendere i sudditi fedeli con la giustizia; voleva che i sudditi fossero trattati « miti et aequo impero »; e consigliava di mantenere la parola sancita nei patti e nei privilegi. « hoc tutissimum erit imperii vestri (') In questo capitolo riporto gran parte del mio studio Politica imperiale dei veneziani, in Gerarchia, novembre 1937-XV1. (") PURLlLIARUM JACOBUS, De Reipublicae venetae administra-/ione domi et foris liber, 1492 (Treviso). (3) v Curate igitur ut magistratus aequissimos et prudentissimos ad regendas civitates vestras eligatis. Hoc vobis et universo inclyto Ve-netorum Imperio ingenti gloriae et perpetuae famae erit ».