PARTE PRIMA 6l ricca ed aiutata da sudditi nonché da alleati, seppe tener testa al gigante turco, che la moltitudine degli armati e l oro rendevano forte e quasi invincibile. La capitolazione di Nicosia e quella di Famagosta (1571) furono episodi eloquenti della sfortunato valore veneziano che potè vantare il nome di Marcantonio Bragadin, morto stoicamente dopo aver sopportato atroci tormenti. Pure Sismondi dovette ammettere che Cipro (abbandonata dopo la pace del marzo 1573) « fu difesa con prodigioso valore e con immenso dispendio di denaro e di sangue » (:). Venezia sentì in questo periodo il dramma che si svolgeva in Levante anche perchè aveva netta la convinzione dell’importanza pratica ed attuale dello « stato » di mare. « Mentre durerà lo stato di mare, anche il stato di terraferma durerà, ma perduto lo stato di mare, non so che pro-nostici si possa fare del resto » — scriveva nello scorcio di questo secolo un Sindico di Levante (2). Il baricentro dello Stato veneziano posava ancóra sul mare che ben poteva assorbire le più fresche e le migliori forze di Venezia. Solo in prosieguo di tempo questo persistente indirizzo (il quale trattenne le più fiorenti energie a difesa di una preponderanza marinara e di un commercio i cui redditi paurosamente si assottigliavano più per fatalità di eventi che (') Op. rii., voi. XVI, pgg. 192 e 193. ( ) Relaz. Giustinian (cod. MCCXVII della Bibl. naz. di Venezia), cit. in RoMANIN, op. cit., VI, pg. 497. Dopo la vittoria di Lepanto si manifestò a Venezia un movimento contro gli ebrei e i marani che venivano ritenuti promotori della guerra di Cipro. Gli ebrei a Venezia furono trattati con notevole liberalità, ma non mancarono a Venezia tendenze antisemite provocate da alcune intelligenze col Turco. « Nemici interni... feccia di tutto il mondo... spie dei turchi » venivano chiamati, in un certo periodo storico, gli ebrei. Cfr. Valiero, op. cit., pg. 358.