i8ü PARTE SECONDA Verso il tramonto della Repubblica la compagine, diremo, regionale della marineria ebbe tendenza a trasformarsi. Già si avvertiva il valore degli schiavoni reputati migliori dei longobardi (sudditi di Terraferma) (') : mentre è notevole la speciale e progressiva posizione che assumono i marinai dalmati ed in genere la marineria dalmata verso la decadenza. Dal principio del secolo XVII le navi da guerra erano comandate non più, in generale, da patrizi veneti, ma da borghesi e cittadini originari per la maggior parte « illirici » (2) gli elementi arruolati per le navi da guerra ci dimostrano chiaramente questo fatto (3). Lo spirito marinaro sembrò rivivere e rinnovarsi ancora per lungo tempo nelle città dalmatine anche quando la vigorosa tradizione marinara passò in eredità all’Austria. La mancanza di unità che mal si adattava alla struttura costituzionale a tipo cittadino e repubblicano; la diffidenza verso i grandi riformatori politicamente preminenti e capaci agire con ardimento e celerità, la progressiva crisi economica, la corruzione del ceto nobiliare furono altrettante cause che minarono la marineria veneta che fu, dopo la caduta di Roma, la più energica forza militare italiana. Fu detto che Venezia cadde e doveva cadere stretta nel circolo magico della grandezza delle potenze oceaniche. Singolare fu certo il fatto che un’impresa d’Egitto segnò il sorgere a Stato di Venezia e che un’altra impresa d Egitto ne segnava la fine (4). H Manfroni, op. dt., Ili, pg. 226. ( ) Levi, Naoi da guerra costruite nell’Arsenale di Venezia dal 1664 ecc., Venezia, 1896, pg. 75. H Levi, op. dt., pg. 75. (4) Levi, op. dt., Introd.