PARTE SECONDA 195 e si sofferma sul modo con cui il Podestà deve giudicare (facilitatevi... in audiendo, in decemendo ìenitatem, dili-gentiam in disputando ac satisfaciendo), raccomandando specialmente l’umanità (‘). Non faccia il Podestà sentenze o decreti temerariamente o delegando altri; guide del suo giudizio siano le leggi e l’equità, non già i favori, il timore, i premi ovvero Topi nione propria o di altre persone. Speciale attenzione ponga per non dare ascolto ai fraudolenti interpreti delle leggi; apra porte ed orecchie alle querele di tutti; faccia che nessuno parta triste, dopo aver esposto i suoi casi al Podestà, perchè ufficio di coloro che governano è proprio quello di curare (2). Faccia visite nel circondario senza grande seguito ed operi in maniera che tutti sappiano che egli si trova colà come un custode, non come un tiranno, non come uno «explorator », ma in qualità di ospite. È interessante notare come più d’un autore, spinto dalle correnti dell'umanesimo, equipari il Podestà veneziano all’antico Pretore provinciale romano, dando anche ragione dell’assunto (‘), ed equipari inoltre il Capitano veneto all’antico Praefectus urbi romano. Sembra che qualche principio sul governo dei veneziani sia stato raccolto da Giovanni Botero, il ben noto scrittore ( ) SabELLICO, De Praetoris officio, in GreVIUS, Thesaur. Ant. et Hist. Italiae, v .V, 1, Lugd. Bat., 1722, voi. 59: « ipsa severitatis facies dura et nimis aspera, nisi quibusdam Kumanitatis mitigetur condimentis ». Chi è preso dal desiderio dell’altrui supplizio è una belva. (z) « ... eorum, qui aliis praesint, proprium est curare...», col. 62. O Si veda l’opera di GUERINO PlSONE SOACIO, De romanorum et venetorum magistratum inter se comparatione, pg. 141, nell’ed. del CoNTARINI del 1592.