324 i/adriatico d’entrata (1736), sebbene più tardi se ne pentisse così da revocare quindi il provvedimento. Comunque, col decadere di Venezia, col risorgere della libertà di navigazione a vantaggio soprattutto di Trieste e d’Ancona, l’Adriatico ritornava un mare aperto, un campo d’attività libero a tutti. La secolare lotta per il monopolio commerciale di quel bacino, per il dominio delle sue acque settentrionali che la Repubblica avea considerato quasi territorio proprio; quella lotta, ch’era stata causa prima di fortuna e d’invidiabile grandezza al leone di S. Marco, veniva dunque a cessare. lì Venezia, obbedendo alle esigenze dei tempi, si lasciava cadere dalle mani il privilegio conservato gelosamente per tanti secoli, perchè non trovava più in sè la forza per difenderlo. Si sperava del resto con varie misure di rialzare le sorti dell’antica regina dei mari. Ma nulla valse. Non v’era ornai provvedimento capace d’arrestare la dissoluzione fatale della Repubblica. In tutto lo stato i mercati aveano perduta l’antica floridezza ed il proclama degli Inquisitori alle Arti del 29 maggio 1784, rivolto ai patrizi, rimase pressoché lettera morta. I commercianti finirono col dare la preferenza a Trieste, dove convenivano anche mercanti e lavoratori veneziani. Il doge Paolo Renier si rendeva fedele interprete dello stato miserando di Venezia quando nel 1774 scriveva: « Con dolore devo presagire che in questo lauto convito di commercievoli vivande resteremo