VENEZIA E I TURCHI 305 tava la responsabilità della mancata vittoria cristiana e Scipione Ammirato bollò con parole di fuoco il tradimento deH’ammiraglio genovese. Iva baldanza ottomana divenne più forte, la pirateria più tremenda. L’Adriatico fu più esposto che mai alle ingiurie corsare; e per di più Venezia sentì che la minaccia di Carlo V gravava, terribile anche essa, su di lei, dal momento che in Castelnuovo alle bocche di Cattaro ponevasi, nonostante l’opposizione ducale, un presidio spagnuolo. Dopo di che non rimase alla Repubblica altro partito che scendere a patti con i Turchi; il che fu fatto, a gravi condizioni, nel 1540. La giornata di Prévesa portò i suoi frutti, perchè la pirateria imperversò in tutto il Mediterraneo, nè il Doria fu capace d’arrestarne i progressi, anzi dovette lasciare che i Turchi prendessero Castelnuovo e, per timore del Barbarossa, se ne fuggì dalle Puglie (!). Tentò Carlo V nel 1541 l’impresa di Algeri che però miseramente fallì. Venezia, giustamente diffidando della Spagna, non si mosse ed ugualmente si mostrò neutrale nella lotta franco-spagnuola riaccesasi in quello stesso anno, nonostante la sorpresa che Pietro Strozzi tentò con galee francesi contro la fortezza di Marano, presidiata dagli Austriaci, « forse col segreto proposito di trascinare Venezia in una nuova lega contro l’impero» (2). (x) Vedi Manfroni, op. cit., p. 326 e segg. (2) Manfroni, op. cit., pp. 356-357. 30. — G. Cassi.