136 l’adriatico Sciti e dai lidi politici, abbandonati dai Romani, per infestare colla pirateria anche la vicina Pro-pontide e perfino l’Egeo. Per la cronologia ricorderò una nuova discesa di Alamanni; ed Aureliano, dopo averli respinti, sarà costretto dall’incalzante pericolo a cingere Roma di mura. A tal punto giungeva la prudenza del governo imperiale ! I successori Probo e Caro continuarono, e con qualche fortuna, la difesa del lato nord-orientale, finché Diocleziano credette, con la Tetrarchia, di provvedere più efficacemente alla salvezza dello stato, e successivamente Costantino col trasferimento della sede imperiale a Bisanzio. Per più d’un secolo (268-395) il romanesimo si sostenne, e con onore, contro la barbarie, la quale però diede del filo da torcere a Costanzo II, a Valenti-niano I, a Valente, a Graziano e a Teodosio. La partizione dellTmpero fra i due figli di quest’ultimo rese prossima la caduta dell’occidentale, più esposto all’impeto dei Germani. Negli ottan-t’anni che corrono dall’assunzione di Onorio al trono d’Occidente fino alla deposizione del figlio d’Oreste, la storia di Roma è ad un tempo la storia delle invasioni barbariche, e l’Italia ricorda le tre discese di Alarico nel 403, 409 e 410, quella di Ra-dagaiso nel 406, quella di Attila nel 452, il sacco dei Vandali a Roma nel 455, mentre infuria una ridda di generali barbarici che si contendono la corona d’Augusto.