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I<’ADRIATICO
  Due eserciti s’andavan formando contro il vincitore dei Galli: uno in Grecia con lo stesso Pompeo, l’altro in Ispagna con i generali e commilitoni di esso. Cesare anzitutto s’avviò nella Penisola iberica, che a lui si sottomise. Nell’espugnazione di Massilia, che ne seguì, nell’ occupazione della Sardegna e Sicilia, in quella tentata e non riuscita dell’Africa (imprese necessarie per allontanare la minaccia del blocco alla capitale), apparve quanto fosse utile a Cesare la flotta che il suo legato Decimo Bruto era riuscito a mettere insieme durante la guerra spagnuola. Non era certo un naviglio poderoso ; ma appunto per questo non si comprende perchè Pompeo, che aveva il dominio del mare, non avesse cercato di salvare quelle provincie. Se riuscì a conservare l’Afriea,
lo	dovette soltanto ai successi terrestri. E sì che egli avea ai suoi ordini 500 legni ed i mezzi per mantenere sul mare sì rispettabile armata ! Anche questa volta erano i clienti della grande repubblica, che costituivano la maggior parte del naviglio: i marinai della Grecia e dell’Egeo si confondevano con quelli della Didia, della Fenicia e dell’Egitto.
  Tale superiorità consigliava Cesare a vigilare attentamente su tutti i porti italici specialmente su quelli dell’Adriatico, tanto più che l'illirico non era ben disposto verso di lui. E siccome non riusciva a scoprire i piani dell’avversario, attendea da lui 1’ attacco. E questo s’iniziò proprio nel-