231 « Ciò che bisogna cercare intanto è il minor cangiamento possibile nella politica italiana, poiché un rimescolamento completo non sarebbe conforme nè alle vedute delle grandi potenze, nè ai riguardi dovuti a Pio IX ed a Leopoldo II, nè alle disposizioni degli animi. Si ha un bel parlare di fusione, ma non si fonde a freddo. Uno stato lombardo-veneto, indipendente'affatto dall’Austria, ecco ciò che sarebbe al presente più facile e più desiderabile. Per ciò che s’attiene alle forme ed alle condizioni, provveda la diplomazia. « Ma la diplomazia ascolterà senza dubbio alcuno l’avviso, i voti e le informazioni di tutte le parli interessate, senza di che l’opera sua sarebbe temeraria non meno che fragile. « 4 Dicembre. La Gazzetta di Roma del 28 novembre, pubblica, nella sua parte non uffiziale, il seguente articolo : « Gli occhi di tutta Italia son fisi a Venezia : ogn’ Italiano sente nella sua coscienza il dovere di soccorrere di tutta sua possa a quella nobilissima città, a quel propugnacolo delle nostre speranze, a quell’ esercito invitto, a que’cittadini magnanimi. Ben a ragione pertanto nel governo nostro, e a questo ministero, la cura di soccorrere ai nostri fratelli a Venezia è sembrata tra le principalissime, e ben a ragione la Camera ha voluto secondar senz’indugio le proposte del ministero. Per Venezia vogliono esser fatti e non parole; e latti potenti, energici, convenienti alla coscienza e alla possanza di un popolo, proporzionati ad una guerra di indipendenza, ad una guerra, che dal sepolcro ci dee fai- risorgere a vita. Che ha fatto e fa Venezia per l’Italia? grandissime cose, miracoli d’eroismo e di abnegazione. Che ha fatto e là l’Italia per Venezia, anzi per parlar più giusto, per sè stessa in Venezia ? Se eccettuiamo alcuni individui generosi, alcune città in cui non è spenta la divina fiamma dell’entusiasmo, l’Italia come nazione, VItalia in ragion di quel che può inre una nazione, non ha fatto che pochissima cosa. Ila latto quasi meno di quel che non fecero i Francesi per l’America del Nord. « Sarebb’egli una cosa sommamente ardua e d’infinito spendio, met-tere e mantenere a Venezia un trentamila soldati? Anzi la metà, perciocché l’altra metà già vi sono : e trentamila soldati a Venezia, non e?li come aver assicurala la nostra vittoria? Perchè la guerra •■»comincierà, e non può andare a lungo che ciò accada. Allora, 'ede il bel giuoco che trentamila soldati farebbero da Venezia? « Quest’esercito, aiutalo eziandio dalle flotte, e potendo lare sbarchi 0ve volesse d’uomini e di artiglierie, potrebbe essere la posta che assicurasse la vittoria. Troppo magnifiche, dirà alcuno, queste speranze, e sono veramente magnifiche per chi non ha cuore; ma, se abbiamo cuore, c» parranno ragionevoli e modeste. Udiamo dire, non avere gli odierni Italiani uso nè arte dell’armi, aver bisogno di scuola e di sperienza: e noì diciamo, non poter essere nè migliore scuola, nè più sicura sperienza che questa della guerra veneziana. Non è in Italia, nè forse in tutta quanta l’Europa, un luogo più acconcio c strategico di Venezia. Un esci- sarebbe italiana chi non