o. 5. Noi giurammo o la molte, o vittoria; E quel giuro l’Europa accogliea: Ci le’ baldi il pensier della gloria, Ci fé’ forti la libera idea. Era bella la nostra speranza, Qual di vergin che move alla danza; E dei nostri manipoli al lampo La cervice l’augello piegò. Ma l’ebbrezza del gaudio fu spenta Quando sursero i dì della prova! Ma d’Italia che parve redenta Gravò i ceppi tirannide nuova ! Ma le nostre speranze non furo Più compiute per l’empio spergiuro! E l’augel che fuggiva, sul campo A spiegare il suo volo tornò. A, La nequizia di un Re traditore Spergiurando negava il suo patto: Sovra i campi Lombardi, ahi dolore! Dell’Italia mercato fu fatto: Fin la mano del santo Levita Si ritrasse tremando avvilita: Ma del popol ste’ saldo il coraggio, Ma quel giuro ci è fitto nel cor. Se una patria l’infamia ci ha tolta, A noi patria sarà la laguna: No, dagli empi del tutto travolta Dell’Italia non fu la fortuna. Il leone di Giuda se fugge, Sta il leon di Vincgia che rugge;^ Ed ai tristi il cui dritto è servaggio, Quel ruggito che manda è terror. Solo il popol che opprime il Borbone Par che in calma reclini la testa; Ma è la calma del fiero leone Che alla strage novella si appresta. Su per le onde del siculo lido Suonò sempre più libero un grido Che prepara su l’arsa Messina Una tomba al più truce dei Re. Del Tarpeo su la sacra pendice Sta in sua possa tremendo raccolto Tutto un popol cui vii maledice Lui che primo tradiva da stolto. Ma quel popol che tacito freme I suoi fulmin schernisce e non teme; E il guerrier della valle Ticina Farà salvo 1’onor che perde. 6. Or che un grido di guerra da Scilla Pino alle Alpi tremendo rimbomba, Stretti tutti al clangor di una squilla Scaveremo ai tiranni la tomba. Tutt’intorno raccolti alla croce Movercm coinè turbo feroce; E la croce dai Regi tradita II vessillo del p poi sarà. O fratelli, ai più gravi perigli Cornano, come un corre al banchetto: Sì, per Dio ! facciam liberi i figli, Lavi il sangue l’infamia del letto. Calpestato sconfitto deriso Qual ladron cada il barbaro ucciso Dalla spada che un giorno ha schernita, Fian suo rogo le cento città. Ci sia scola il primiero delitto, Sol la guerra le sorti decida: Dei vangeli nel libro sla scritto Maledetto chi in altri confida; Si abbia solo nel Cielo fidanza, Nelle spade la sola speranza; Nè colluda la strana parola Che di pace impudente parlò. Infra i servi e i tiranni di accordo Solo patto sta l’ira, o fratelli, A voi tutti quel giuro ricordo, Qui quel giuro ciascun rinnovelli. Sovra il brando e sul fermo pugnale Scriva ognun questo giuro fatale: Morte ai Ile; ne più torni la Stola Sovra il soglio che vuoto lasciò. VINCENZO MAST.