224 bardia e la Venezia c lo faceva come naturai capo degli altri stati italiani; apersero ed aprono la via a diffidenze e discordie fraterne, che sminuiscono senza misura la somma delle forze nazionali, e rincalzano quelle del nemico: perdono la presente occasione, e ci rendono inabili ad afferrare le future. Tenendoci a lungo nello stato presente, dove abbiamo tutti i gravami della guerra e niuno dei beni della pace, essi tagliano i nervi della nazione, ed esauriscono ogni sorgente della sua prosperità : intantochè da ultimo ci sarà impossibile la guerra, e dalla prepotenza altrui dovremo ricevere le condizioni della pace. Col seguire una politica incerta tra il Piemonte e l’Italia, tra la mediazione e la guerra, senza proporre a sè stessi e ai popoli una meta certa ed evidente, diedero campo a partiti diversi, a interessi contrarii di svolgersi in tutti gli ordini della società: i quali elementi discordi, moltiplicandosi e combattendosi dapprima in segreto, all'ultimo ci condurranno alla guerra civile. La quale non può mancare qualora, durando tuttavia questo stato di tormentosa incertezza, inasprito pei lunghi disagi l’esercito, vuotalo l’erario senza mezzo alcuno di rifarlo, stancata la pazienza di lutti i partiti, sorgano gli animi inviperiti a vendicare tanti vani sacrifizii, tante speranze deluse, tanti interessi inutilmente offesi. Che se poi la mediazione venisse a qualche risultato, non potrebbe essere senza mancare ai due più sacri diritti che s'abbiano i popoli, cioè quello dell’assoluta indipendenza, e quello di disporre di sè medesimi col proprio volo. Perciocché, quanto al primo di questi diritti egli è fuor di dubbio che non ci sarà concesso per buoni ufficii altrui quello che non iu per l’insurrezione e la guerra; e quanto al secondo, se essa, come è certo, non costituisce il regno dell’alta Italia, impone ai popoli un patto diverso da quello, eh’essi hanno solennemente volalo. Ma inoltre noi ne vediamo nascere l’ultima mina del Piemonte. Perchè se esso venisse, per la mediazione, accresciuto di territorii, ma rimanesse tuttavia qualche parte d’Italia sotto la diretta o indiretta dominazione straniera, quello riuscirebbe male accetto ai popoli nuovamente aggiunti, odioso a tutti gli altri Italiani, esecrabile alle provincie abbandonate. Di che senza dubbio seguiterebbe che le nuove provincie, alla prima occasione, ben presto rifiuterebbero il patto per far causa comune con tutte le altre d’Italia, lasciando solo il Piemonte in quel pericolo, ch’osso medesimo si sarebbe procacciato, con discapito grandissimo di tutti i suoi interessi. E cosi, non avendo voluto essere a capo d’Italia, »è mostrarsi di spiriti veramente nazionali, rimarrebbe 1’ ultima e la men curata delle sue provincie. Che se poi per la mediazione venisse a formarsi un regno lombardo-veneto indipendente, allora, trasportato di Piemonte in Lombardia il centro preponderante d’Italia, comincierebbe un generale smembramento di tutte quelle provincie, che, con otto secoli di fatiche e di costanza, furono raccolte sotto la casa di Savoia: delle quali molte si verrebbero accostando al nuovo regno, mosse dagl’interessi commerciali, dalle loro tradizioni politiche, da consonanza d’usi, di dialetti, e quasi diremmo da consanguineità; altre sarebbero tratte per altra via i» cerca della propria nazionalità, che unite con noi non possono avere.