88 cannoni appuntati alle porte, proferire calma ed unanime ad Ifenriot quelle memorande parole: « fulminaci pure, o traditore del popolo, ma la morte ci troverà ai nostri scanni? » Di quel popolo che ha veduto venti Girondini banchettare nel carcere poche ore prima della morte, e salire al patibolo cantando a coro la Marsigliese; ed ogni colpo della mannaia del carnefice toglieva a quel coro, non mai discontinuato, una voce. E la rivoluzione di luglio, e quella del febbraio, e perlino i massacri del 25 giugno, non sono essi prove di generoso ardimento? Che abbiamo noi fatto, il ripeto tristamente, per renderci degni dell’affetto di tal popolo? Una grande nazione è sempre conquistatrice od amica; conquistatrice degli inermi e dei deboli, amica dei prodi e dei forti che apprezza. E 1 indipendenza non in mai dono di popolo a popolo, ma soltanto prezzo di sangue cittadino, e retaggio che i fratelli che muoiono, legano ai fratelli che sopravvivono. Ma quella nazione, nel cui seno palpitano ancora generosi c fraterni affetti, noi l’avremo sorella e compagna al nostro fianco qualora la vicenda della guerra il richieda. Ed è appunto a quel solo mezzo di salvamento che ci rimanga, alla guerra, che io intendo di volgere alcune parole. E d’uopo esaminare la condizione dell’inimico, e quella delle terre italiane da esso occupale, per vedere come quella condizione giovi ad un tempo, e comandi l’intraprendimento immediato della seconda guerra. Gli Ungheresi schiavi, siccome noi, da tre secoli, di una stessa co-lona, ma pure devoti al loro giogo, non poterono sopportare le insidie, il tradimento e la guerra che loro suscitava un trono lungamente spergiuro. Alla voce di Kossulh, apostolo armato di quelle libertà, si levarono lutti in un solo pensiero, e come un solo pensiero. La giustizia e popolo cadde sopra un satellite delle iniquità cortigiane, e quella giustizia lu il segnale della battaglia. Gli uomini dei partito democratico di Vienna presentirono l’opera di distruzione, della quale era foriera la nefanda guerra ungherese, e chiamarono i fratelli alla rivolta. Anche per le vie di Vienna fu tremenda la giustizia di un popolo tre volte libero e tre volte tradito dal potere che egli aveva creato con suggello di sangue. Ora i due partiti stanno schierati uno in faccia dell’altro sotto le mura di Vienna; da una parte è il principio delle libertà democratiche, dall altra quello dell’arbitrio monarchico e cortigiano, di cui s’è fatta strumento la cieca e devota insurrezione croata. Quella lotta, già inaugurata dalla vittoria, è fervente, e la nostra non è ancora riaccesa? Ed in tanta opportunità presente non affidiamo al ministero la cura di fonterne una migliore per l’avvenire? La Francia sciogliendoci da ogni vincolo della mediazione, non ci diceva forse che sola mediazione è ora quella dell’armi? Ma v’è di più, cittadini. Gli accorgimenti e la vigilanza della tirannia militare non valsero a celare ai nostri fratelli della Lombardia e della Venezia quegli avvenimenti. La mano di Dio li creava a salvamento di Italia, e pare clic la voce di Dio se ne facesse pur banditrice. La fiducia rinacque in ogni p Ito ; il desiderio della vendetta si fece pari all’amore