222 d’Italia, abbia dall’Italia quanto semplicemente occorre alla sola Venezia; ed ogni popolo d’Italia adempia al sacro dovere d’offrire il suo contingente d’oro e di sangue, qual seme fecondo di libertà e d’indipendenza. Viva Venezia! Viva l’Italia unita e libera! Ferrara 20 novembre 1848. Per la Direzione Il vicepresidente GARLO avv. MAYR. S. àjìau segretario. ----«—«C39C3» 3 Dicembre. DICHIARAZIONE POLITICA DE’DEPUTATI DELL’OPPOSIZIONE. Torino, 26 novembre. Gli ultimi avvenimenti dell’ Italia centrale fanno fede che i deputati dell opposizione non s’ingannavano, combattendo la politica del governo e ammonendolo che la via da esso tenuta, conduce a rovina. Quella politica incerta e tutta d’aspettazione (quando i tempi la vogliono ardita ed iniziatrice) che era seguitata là come tra noi, non poteva produrre elicili diversi: e però, al primo apparire di falli che possono gravemente in-lluire sulle cose di tutta Italia, al primo sorgere di quelle conseguenze che non creduli avevamo pronosticato, sentiamo necessità di parlare, non più solamente ai ministri, ma a tutta la nazione, così per un salutare ammonimento di questa, come per esonerare le nostre coscienze. Le condizioni della patria sono tali, e tanta è la gravità degli avvenimenti che ne possono scaturire, che noi riputeremmo a colpa il tacere: la nazione giudicherà. Chi sono gli uomini che ci governano? che vogliono? a che ci conducono ? Quando si agitò nella Camera dei deputati la legge d’unione della Lombardia col Piemonte, sorse un partilo ad attraversare quel patto, che dovea porre in sodo per sempre i grandi interessi della nazione, e con essi quelli pure di tutte le sue città. Questo partito, legittimo rappresentante dell aristocrazia, da quella era mosso e guidalo , la quale in Piemonte serba più vive che altrove le sue tradizioni, e, non avendo ancora perduto la voglia, nè la speranza di dominare, vedeva in quel grande accrescimento del regno andare a rompere i suoi vecchi privilegii e perdersi la sua mediocrità d’ingegno e di fortune. Per esso non ¡stette se l’onore del Piemonte non fu posto in compromesso davanti a tutta Itali«*, trastornando una santa guerra di popoli, di libertà, d’indipendenza, in guerra di stati e di dinastie. Vinto dalla maggioranza si tacque; finche, togliendo occasione dalle sciagure del nostro esercito, spinse la Camera, stordita dal dolore e dalla paura di peggiori mali per la patria, a sancire la famosa legge del 29 luglio, invano combattuta da molti, per In quale i deputati rassegnavano nelle mani del governo i poteri ricevuti dal popolo. Quel partito, prevalendosi della sospensione delle Camere, condusse