42 Novembre. 103 Nel mini. 187 del giorno 18 settembre, dicemmo ai nostri lettori, essere lo stabilimento della lega politica fra le monarchie costituzionali dell* Italia il sempre fermo desiderio del governo pontificio, ed aver noi viva speranza di veder fra breve posto ad effetto questo gran pensiero, del quale Pio IX era stato spontaneo iniziatore, ed era assiduo promotore. Bensì conchiudevamo augurandoci (e ben scorgevasi che F augurio non era scevro di tema), di non vedere anche in questo le umane passioni ed i privali interessi contrastare all’ opera santa, e render vana la pura carità di patria che l’ispirava. Ma, è pur forza dirio, gli intoppi incontratisi appunto là, dove ogni ragion volea che si trovasse facile consenso, e cooperazione sincera. Ed è pur là (tanto sono i tempi nostri felici!) che odonsi acerbe parole accusanti il pontefice, quasi più non volesse la lega, che egli imaginava e proponeva. E perchè queste accuse? La risposta è semplice; ed è che il pontefice iniziatore della lega, non ha ciecamente aderito alla proposta piemontese. Ora per chi ben legge, a clic tornava questa proposta? A questo: decretiamo la lega in genere; mandateci uomini, armi e danari; poi lo-stocliè sia possibilei plenipotenziarii dei collegati si riuniranno in Roma per deliberare sulle leggi organiche della lega. Ora prima di lutto gioverebbe dirne chiaramente qual territorio intende il Piemonte che Roma e la Toscana gli garantiscano. Se 1’ antico o il nuovo, o quel che sperava di possedere. Se F antico, niuna obbiezione può farsi. Se il nuovo, chi non vede che Toscana, c Roma, facendosi sole garanti di siffatte magnifiche accessioni, farian sorridere l’Europa? Nè dicasi esser questo un patto nazionale, una condizione dell’indi-pendenza italiana: avvegnaché V autonomia dell Italia non supponga necessariamente F imperio della Casa di Savoia dal Panaro alle Alpi. Se quest’imperio è una delle forme politiche, che l’Italia indipendente poteva prendere, non è la sola. Nè vuoisi qui esaminare se quella forma fosse da preferirsi a tul-F altra., nè se, estendendola a più che Piacenza o la Lombardia, non avesse alcun che di inopportuno e di eccessivo. Sia pure che la forma fosse ottima., quando fu imaginata. Oggi le condizioni son altro, e tanto fra loro diverse, quanto sono il possedere e il ripigliare. Checché ne sia, certo è che l’ingrandimento del Piemonte, e l’attio-110mia dell’Italia non sono termini equipollenti e questioni identiche; che la seconda può stare senza il primo; che la garanzia dei territorii non posseduti, ma desiderali dal Piemonte non è cosa da stipularsi così su due piedi. Fosse pur ottima in sè e salutare all’Italia, non sarebbe risoluzione di sufficiente peso nei consigli Europei, che se fosse opera volonterosa, comune, e maturatamente deliberata di tutti gli Stali indipendenti della nostra penisola, della vera Lega italiana. Era dunque pensiero precoce, immaturo, porla come patto preliminare e condizione di una Lega incompleta ed appena delineata.