306 I MONUMENTI VENETI DELL’ISOLA DI CRETA Si disse già che in seguito i lavori eransi dovuti sospendere per quanto riguardava l’antica cinta(1); laddove si lavorava pur tuttavia a quella muraglia verso il mare della nuova fortificazione dei borghi, colla speranza che “ de breve sera fato fin alla marina passa do da terra Il lavoro veniva compiuto coi denari che riscuotcvansi dai sudditi : ma il duca non nascondeva a Venezia il loro malcontento, sembrando ad essi di dover sostenere da soli tutte le spese e che il governo non contribuisse secondo i patti, mentre la camera cretese trovavasi ancora nell’ impossibilità di somministrare il denaro necessario. Aggiungeva poi che per procedere più speditamente nei lavori sarebbe stato opportuno mandar nell’ isola alcuni tagliapictra di Rovigno, perchè quelli cretesi si palesavano troppo inabili nel taglio della roccia con cui si costruiva “ el muro e i volti suoi „(2). Intanto però il 26 ottobre di quell’anno eransi da Venezia mandati a Creta 2 mila ducati, a patto che fossero devoluti “ in fortificatione et reparatione suburbii „, ed alla condizione altresì che i sudditi cretesi avessero contribuito proporzionalmente la parte a loro spettante. Anzi, perchè dei primi 5 mila ducati spediti qualche mese prima non era stato reso conto alcuno, voleva la Signoria che le fosse mandato il computo di tutta la spesa, e che al tempo stesso le fosse comunicato se i nobili c i cittadini aveano sodisfatti gli obblighi cui erano tenuti (3). — Che l’amministrazione dei fondi per le fabbriche desse luogo a fondati sospetti è provato del resto dall’ incarico commesso ai due sindaci straordinari in Creta di rivedere e regolare le spese per la fortificazione di Candia(4). Frattanto neppure l’ingegnere Vettore, cui era stata affidata la costruzione delle nuove opere fortificatorie della capitale, si mostrava all’altezza dell’ incarico ricevuto: “ Pitti volte „ scriveva nell’aprile 1474 la signoria cretese “ senio stati recidesti da questi zintilhomini et fendati che, conzossiachè maistro Vetor, mandato qui inzenier per la Excellentia Vostra, ab operibus non se vede homo de inzenio, ma simplice et nudo de ogni pratica dove habia intravenir inzenio : ha fato qui nel tempo dei magnifici messer Jeronymo Dandolo et messer Aloyxe Fallerà certe torre de terra, le quale senza altra fortuna da lor sono minate; ha fato da poy certa cortina pur al borgo de plithi, de la qual con poco pioza i merli tulli sono minati; dicono questi zintilhomini et feudali ad unam vocem simel homo non esser quello nel’ inzenio del quale i debino meter le facilità et (') Cfr. pag. in. (2) V. A. S. : Archivio del Duca, Missive. (3) Ibidem. (4) Cfr. pag. 111. (5) Intorno al 1470.