B28 il primo a dir di voler fare e l’ultimo a decidersi, il Fosca-rini d accordo col proveditor Giovanni Soranzo avea mandato a sollecitarlo, raccomandandogli non si volesse lasciare sfuggire sì bella occasione di seguire la vittoria acquistata l’anno innanzi, ma tutto invano, o fosse per secreta commissione del suo re, o per insinuazione de’suoi consiglieri, mostratisi sempre avversi ai Veneziani. Così andò differendo tutto aprile, tutto maggio, tutto giugno finché giunte le notizie delle cose di Fiandra, dichiarò che senza nuova commissione del re non poteva allontanarsi. Il Colonna anch’egli si rodeva. Intanto l’uscita del nemico dallo Stretto avrebbe dovuto farlo arrossire, e muoverlo ad ope-1 are, ma non ne fu nulla, ad onta di tutte le rappresentanze fattegli e dei pericoli che correvano le isole veneziane così abbandonate, con disonore della flotta dalla quale avrebbero potuto essere facilmente soccorse. Nulla di meno 1’ armata veneziana non potendo comportare tanta vergogna, uscì da sé sola da Corfù per farsi incontro al nemico, il quale si ritiro e fu bel vanto per essa e dolore insieme pensando a quanto avrebbe potuto fare, se opportunamente assistita, 0 libei a almeno de suoi movimenti. D. Giovanni ne fu molto corrucciato, sfogo la sua collera nel Consiglio specialmente contro il Colonna che avea aderito ai Veneziani e con improvvisa risoluzione disse di voler uscire. Difatti 1 armata sciolse da Corfù ed era di ventidue navi, sei galee glosse della Repubblica, due di Firenze, centonovantasette sottili, ma non essendo riuscito di snidare il nemico da Modone, erasi assalito per quattro giorni Navarino, donde poi D. Giovanni volle ritirarsi, malgrado al contrario parere dei Veneziani, e torno in Ponente. « Così, continuava il Fo-scai ini, 1 essere stata in lega fu alla Repubblica gran danno e dall’ esperienza fatta aversi a desumere parecchi utili av-vertimenti, cioè che nelle guerre bisogna sopra ogni altra