239 nato al suo ambasciatore presso Carlo V (1), raccomandandogli con tutto l’impegno di fare ogni possibile ufficio, perchè quei ladroni fossero tenuti in freno, nè fosse loro dato ricetto in Segna, Fiume e Buccari e altri luoghi di giurisdizione imperiale, di mostrare i pericoli che dalla usata indulgenza potrebbero derivare, di far intendere finalmente che siffatti disordini continuando, la Repubblica sarebbe costretta a provvedere. Passavano sette anni, e le medesime lagnanze e le medesime preghiere si rinnovavano (2). Ferdinando prometteva metter riparo, chiamava il capitano di Segna a giustificarsi, nominava commissioni, minacciava (3), ma in fondo nulla facevasi o nulla giovava, anzi dalla soppoi’tazione veneziana, incapace ornai di prender pronta e vigorosa risoluzione, degna de’ bei tempi della Repubblica, fatti arditi anche altri, vedevansi e cavalieri di Rodi (4) e corsari ottomani, e perfino papali (5) assalire e prendere legni di Venezia con danno inestimabile del commercio. Ben è véro che anche i Veneziani dal canto loro sapevano ricattarsene e che spesse volte a forza di maneggi diplomatici ottenevano soddisfazione dalle varie Corti, ma intanto venivano a scemare i lucri e la sicurezza, e i capitali sempre più si ritiravano dal traffico per impiegarsi nell’ acquisto di beni fondi, di profitto men largo ma più sicuro, così allontanandosi Venezia sempre maggiormente dalla primitiva natura sua, dal mare, a cui doveva tutta la passata grandezza. Le cose tra il papa e il duca d’ Alba ogni giorno più inacerbivano, e già le truppe spagnuole invadevano la (1) Secreta 5 marzo 1548. (2) Secreta 18 marzo 1555. (8) Secreta ult. die. 1557. (4) Secreta 18 mag. 1555. (ò) 26 nov. 1558 ib.