482 un terzo del danaro che sotto pretesto di ordini suoi viene da questo comune estòrto. » Nella città stessa gli abitanti e-rano per la maggior parte scarsi dei beni di fortuna, tranne alcune ricche famiglie (1). Il reddito principale di Padova veniva dagli studenti che sommavano talora a mille e la cui spesa computata a cento ducati a testa rendeva alla città utile di cento mila ducati (2). Del resto vi fìoiIvano altresì le arti della lana e della seta. Per commercio e per industria fioriva Vicenza, stimandosi il sol traffico delle sete ascendere a ducati centoquaranta mila (3), la maggior parte delle quali veniva mandata in orsogli alle fiere di Francoforte, in Anversa, Colonia, Lione ; era però alla fine del secolo di molto scemato lo spaccio degli ormesini, tabini ed altre stoffe, e quindi il numero dei telai che li lavoravano. Scemato era altresì il traffico dei panni di lana che da tremila pezze all’ anno che se ne iacea, erano ridotte a dugento ; così pure dei panni bassi non venivano più fabbricate che otto mila pezze 1 anno, poiché l’industria volgevasi piuttosto ai lavori della seta e dei cambellotti. G-randi somme ritirava altresì Vicenza dalle sue uve e frutta (4), ma la proibita introduzione del canape per favorirne la coltivazione nel paese, avea prodotto pregiudizievolissimi effetti. Laonde Carlo Marin nel L588 consigliava a ripristinarne il dazio con vantaggio, com’ei diceva, dello stato e dei cittadini (5). « E la causa è questa, diceva egli, che mentre si vendeva il canape pubblicamente, molti erano che ne conducevano, e pagati i loro dazii a gara si contentavano di darlo a buon prezzo con (1) Relazione Andrea Bernardo 1586. (2) Relazione Grimani 1554. (8) 1596, Relazione Giacomo Bragadin. (4) Relazione Inquisitori in Terraierma. (5) Relazione Carlo Marin 1585.