414 risentimento coll’ambasciatore Pietro Duodo (1) il quale scriveva « che il re dopo aver ringhiato Vostra Serenità della consolazione eh’ ella aveva sentita delle cose di Soma en trato a parlare del sig. di Messe e lodatolo assai, soggiunse: m gli diedi certo carico di rappresentare le mie necessità alh Vostri signori per averne qualche poco d’aiuto, ma non 1 ha potuto ottenere; convengo dir velo liberamente secondo i! mio solito, io me ne dolgo un poco, perchè quello che ho domandato non era tanto che non avessero potuto concedermelo et a me era molto, potendo essi esser molto en celti, che un piccolo ajuto nelli gran bisogni vale più che un grandissimo in altri tempi. Ne hanno dati tanti alli re miei precessori che non ne avevano già tanto bisogno quan o me, et al presente se ne sono escusati. Possono esser era che non hanno mai avuto in questo regno nessun re pm loro amico et affezionato di quello ch’io sono a loro “ °e6 e Dur„° T° P°SSa fer l0r° svizio me, e pure non ho patuto esser compiaciuto in 00sa di cos, poco momento. E certo ohe quando veggo un ve- «Tei rUeSt° T° mÌ Pal'e dÌ ™dere “ francese, nè » X con voT- °"Da 6 PerÓ “ a ™ *“> -, °rò 1 ambasciatore con accomodate parole di mo- blicaV C°me S.0l° Ie neeessità in cui versava la Kepub-stessa e che l’aveano costretta contro il suo solito ad mpone straordinarie ed enormi gravezze ai sudditi, aveano potuto impedirle di compiacere a Sua Maestà e nel disnae-c.o osservava, che certo il de Messe non dovea aver bene riferito la risposta della Signoria o i ministri in Parigi aveano alterata, laonde consigliava che in negozii di simile natura fossero date le risposte per mezzo de’propri (1) Dispacci Pietro Duodo 17 febb. 1596.