40 zione, tante speranze furono ridotte al niente con vergogna non poca dei cristiani. Del quale evento non rnancavasi da un canto di accagionare il Doria troppo cupido della propria grandezza per arrischiarla tutta ad un tratto o per concedere che altri con magnanime imprese potessero offuscarla, dall’ altro riconoscevasi sempre più esser vero quanto veniva detto, che l’imperatore voleva una guerra difensiva e non offensiva. Laonde 1’ ultimo fatto di questo anno fu la presa di Castelnuovo nella Dalmazia, che poi andò novellamente perduto, e quell’ anno stesso 1538 chiudevasi colla morte del doge Andrea Gfritti avvenuta il 17 dicembre. Illustre doge fu, che pervenuto alle prime dignità in tempi burrascosissimi, avea saputo e col consiglio e colle militari geste salvare la patria. Morì in età di 84 anni e fu con solenni esequie sepolto nella Chiesa di s. Francesco. » Fra i veneti cittadini dell’età sua, così scriveva di lui Nicolò Barbarigo (1), fu il più venusto riputato, e quell’egre-gia forma di tutto il corpo per cui nella prima età grato era, non lo abbandonò neppure nella vecchiaia per modo che non minore maestà da vecchio riteneva, di quello che dignità nell’ età virile e leggiadria nell’ adolescenza. Nel dare o rendere il saluto non potea essere più ilare e giocondo il suo aspetto. All’incontro se irritato veniva dalla tristizia e malvagità di alcuno, non v’era aspetto più terribile del suo. Il genio era sommamente inclinato in esso alla giocondità, conciossiachè in singoiar modo si compiacesse degli uomini faceti e con essi assaissimo volentieri scherzasse. Narrano che fosse solito a dire che non s’ era in vita sua mai occupato cotanto nei serii affari, che i piacevoli intermessi avesse, nè s’era tanto abbandonato ai gio- (1) Orazioni, elogi e vite scritte da letterati veneti patrizii. Venezia, Popoli 1795, tomi 2.