255 negozii e traffichi loro, sono lontanissimi dall’ozio dal quale infine derivano tutti questi mali ». Ma se con tanta devozione e solennità fu accettata dalla Repubblica la Bolla del Concilio di Trento, non avvenne lo stesso di quella denominata in Coena Domini pubblicata nel giovedì santo del 1569 da papa Pio V, succeduto da due anni sulla sedia pontificale a Pio IV. Già frate domenicano ed inquisitore del santo officio a Venezia, portava a questa animo avverso, pel poco appoggio avuto nell’amministrazione del suo ufficio (1) ; e perciò, o mosso fors’ anco dall’ austerità de’ suoi principi, avea rifiutato d’ accettare come oratore venuto a congratularsi della sua esaltazione Nicolò da Ponte, dotto e facondo cavaliere, avendolo per poco cattolico (2), e negato le decime ordinarie del clero, sempre concesse dai suoi predecessori. Buon pontefice era, zelante della riforma dei costumi, ma molto alto sentendo del suo grado, volea sostenere una superiorità sui principi temporali, ed entrare nelle loro giurisdizioni. Per la suddetta Bolla infatti intendeva toglier loro tra altre cose il diritto di mettere imposte, e ogni ingerenza nelle materie concernenti gli ecclesiastici (3). Si levò allora opposizione generale ; Francia, Spagna, imperatore, ed altri principi ne proibirono la pubblicazione ; la Repubblica vietò rigorosamente il tenerne parola, incaricò il suo oratore a Roma Paolo Tiepolo e il Cardinal Grimani di farne al papa umili ma ferme simo-stranze, passava d’accordo cogli altri sovrani, e così nuovi scompigli minacciavano sorgere nella Cristianità mentre pur ardeva ancora la guerra in Francia contro gli Ugonotti, e Filippo II avea a sbracciarsi per sopprimere 1’ eresia nei (1) Cronaca Lippomano. (2) Ibid. (3) Item excommunicarniis et anathematizamns omnes, qui in ferris suis nova pedagia, seu gàbellas imponunt, vel prohibita exigunt.