289 patria, e loro augurava propizii il mare ed i venti, benedizione all’ armi loro da quel Dio che gli umani eventi reggendo si fa distributore di vittorie o sconfitte. Dirigevasi il Zane alla volta di Zara ove dovea attendere le cinquanta galee promesse da re Filippo. E fu stanza funesta ; in quell’ ozio andò sciolta la disciplina, crebbero le diserzioni, s’insinuarono le malattie (1), e già gran parte della ciurma era perita non gloriosamente in faccia al nemico, ma oscuramente in sulle barche, quando il generale ebbe ordine di volgersi a Corfù. Della quale inazione della flotta veneziana (siccome quella che da sè sola, di tanto inferiore alla turchesca, non osava con questa misurarsi), non lasciarono di profittare i Turchi per fare sbarchi e scorrerie su varii punti della Dalmazia non abbastanza munita. Si aggiunsero discordie tra il provveditore generale e gli altri magistrati, onde ogni provvedimento vigoroso trovavasi impedito. Bello fu il coraggio delle donne di Bagonizza in su quel di Sebenico. Usciti erano gli uomini a bottinare, quando nella notte una frotta di Turchi, su leggiere barchette, passando lo stretto braccio di mare, con orribili urla si gettavano sul villaggio. Se non che le donne, senza punto sbigottirsi, lasciate le case e ricoveratesi nelle barche, osservato esser 1’ entrata del porto ancor libera, mandarono su agii navicella alcune di loro più ardite e robuste a chiamar soccorso da Pisan Pisani che stava a difesa del capo Cesto, ond’egli tosto accorso dando addosso al nemico mentre stava saccheggiando, ne menò orrendo macello. Ma erano fatti individuali, ladronaie da una parte e dall’ altra che nulla importavano alla somma delle cose. Era già l’estate molto inoltrata, quando il generale Zane arrivò a Corfù, e quale è a dirsi il dolore, il dispetto suo (1) Parti secrete 11 nov. 1570. Lett. al capitano generale che punisca i disobbedienti e più grave e concitata altra del 16 gen. 1570; 1. Vol. VI. 37