293 con tutta la cavalleria e gentiluomini ch’eran seco, et attenderne con tutt’ i spiriti alla difesa » (1). Ma dall’ altro canto giustificavasi il Baglioni dicendo : « essersi i capitani di Famagosta sempre opposti al suo muovere in soccorso di Nicosia fino all’8 agosto, quando tenuto consiglio deliberarono lasciarlo andare, ma senza presidio di truppe delle quali non volevano spogliare la propria città; che ciò non ostante egli presa una guida e conveniente scorta, era per partire, quando sorsero nuove opposizioni, finalmente 1’ 11 gli fu data licenza di fare a suo beneplacito, ma egli voleva 1’ opinion loro, affinchè non paresse la risoluzion sua leggera e inconsiderata nel porsi a tanto rischio, mentre le strade erano ormai occupate da’ nemici già prevenuti anche della sua mossa per lettere intercette (2) ». Così perdevasi un tempo prezioso e i Turchi sbarcando sampre più grossi, gli abitanti di Lefcara spaventati si sottomisero e furon accarezzati ; 1’ esempio potea farsi funesto, e a punirli fu mandata da Nicosia sufficiente truppa, la quale sorpreso il luogo nella notte, vi fece orribile scempio, poi per togliere quel ricovero al nemico lo smantellò e diede alle fiamme. Poco stettero i Turchi a presentarsi sotto Nicosia. Erano alla difesa di questa città trecento fanti italiani, tremila di urbana milizia, duemila di territoriale, seicento alabardieri armati anche di moschetti, mille fra’ domestici dei nobili di Cipro somministrati a loro spese, cinquecento cavalli albanesi sotto il nome di Stradioti, dugento artiglieri di Cipro ed altra milizia: in tutto cinquantamila uomini, ma la maggior parte male armati e nuovi alla guerra. Nè il proveditore Nicolò Dandolo era uomo adattato al grave incarico. Scriveva egli quindi premurosissima let- 1 2 (1) Annali all’ Arch., p. 83. Questo documento spiega meglio di tutti gli storici come avvenisse lo sliarco dei Turchi. (2) 7 agosto Lettera del taglioni. Ibid., p. 116.