69 derio di annerire a tutto suo potere la tinta sotto cui si compiace di rappresentare il veneziano governo, non possiamo certo non deplorare un nuovo esempio di quanto facilmente F immaginazioue, signoreggiata da un qualche ritrovamento creduto nuovo ed importante, faccia velo al giudizio ed impedisca un ponderato esame delle basi sulle quali quel ritrovamento si appoggia. Ed infatti tante sono e sì manifeste le ragioni estrinseche ed intrinseche che concorrono a dimostrare quel documento un impasto assai rozzamente fatto di leggi esistenti e di leggi immaginate, di tradizioni popolari e di assurde credenze, che avrebbero dovuto condurre lo storico coscienzioso a muovere almeno qualche dubbio e a fargli intraprendere diligentissime ricerche prima-di promulgarne così asseverantemente l’autenticità pel confronto di altri tre esemplari uniformi (1), quasiché i soli scritti autentici avessero il privilegio di venire moltiplicati, e non si vedesse ciò di frequente accadere dei cattivi e anonimi, che attentano alla fama d’ un individuo o di uno Stato. I. Gli statuti del signor Darà. I pretesi statuti, come se il loro autore (2) avesse vo- it.liÌ„lDdTc’,pÓiagf“ nemica dì Venezia, t. HI, p. 308, eaiz. (-) Il p. Giovanni degli Agostini in una nota di suo nu£?no nella Tonaca cittadinesca del Gradenigo art. Canale dice : 1648 : ” Un ba- cioe 1 ruttato sul Governo veneto, iattura riconosciuta del conte Francesco dalla iorre ambasciatore cesareo, al quale appunto crederei tessero da attribuirsi gli Statuti con più probabilità, che al suddetto Canale, come opina il Giovini, poiché un veneziano non sarebbe incorso in certi errori come per esempio nel titolo di qualche magistrato ecc. Veggasi su tutto ciò quanto scrive il citato Giovini nella