348 onde comuni si erano rese certe febbri acute e perniciose, accompagnate per lo più di bubboni o all’inguine o sotto le ascelle, o da macchie nerissime sparse per tutto il corpo, provandosi dai malati debolezze grandissime nelle membra, acerbo crucio di testa, delirio, veglie, inquietudini e inappetenza, mostrando taccia livida ed occhi accesi e quasi infocati. Osservavasi che pel contatto il male si dilatava e gl’ infermi fra due o ,tre giorni morivano. tuttavia merce le diligenti cure dei Proveditori alla Sanità, cui due altri ragguardevoli senatori Vincenzo Moro-sini e Gian Luigi Bragadino fratello dell’ eroe di Farna-gosta, s’ erano aggiunti a presederli, e mercè F inverno sopravvenuto pareva vinta la malattia (1), quando alla primavera riapparve con raddoppiato furore. Chiamati a Venezia due famosi professori di Padova Cristoforo Mercuriale da ì orli e Girolamo Capodivacca per discutere sulla natura del morbo, apportarono invece di luce oscurità e confusione, opponendosi vigorosamente ai medici veneziani col dichiarare la malattia non essere contagiosa (2), pèrche fra altre cose dicevano non s’ era manifestata che nella plebe e in conseguenza o di disordini o di miseria, conchiudendo (il che dava naturalmente al loro ragionamento molta forza), essere essi pronti a recarsi a curare gli ammalati senza usare di precauzione alcuna (3). Molto potevano le ragioni addotte dai medici padovani sull’ animo di varii senatori i quali pensavano che la sola voce di peste avrebbe bastato ad allontanare gli stranieri da Venezia, ad interrompere i commerci, a dar animo fors’ anco ai nemici di tentare pericolose novità, c perciò, sebben altri invece facessero presenti i 1 * 3 (1) Il 13 die. lo75 fra altre cose fu data lacoltà ai maestri e alle maestre di riaprire le loro scuole. Cod. CXC1Y alla Marciana. ('2) Ibid. 23 giugno 1576. (3) Vedi su tutta questa faccenda il Cod. DCCCVI, ove sono vane scritture.