CONCLUSIONE 517 l’Istria e di portare le sue aquile nell’alto Adriatico, assicurarsi la padronanza deirillirico, donde imperversava per quel bacino la pirateria: condizione sine qua non per la sicurezza politica ed economica del medesimo. Venezia poi, appena si sentì forte e s’inalzò su ogni altra comunità marittima dell’Adriatico, dovette, onde proteggere i propri traffici e quelli delle cittadine dalmato-istriane, abbattere i corsari narentini ed assumersi l’esercizio della polizia marittima in tutto il Golfo. E se i dogi non avessero ridotto sotto la loro sovranità la Dalmazia, i Barbareschi, che nel sec. xvi divennero il terrore del Mediterraneo e cercavano facile riparo e soccorso nei porti ottomani dell’Albania, avrebbero spinto le loro audacie più a nord, attaccando, unitamente ai Turchi, Venezia fin sulle lagune e mettendo a dura prova l’indipendenza della Repubblica. Anche in più matura età ebbe, sia pure per breve tratto, a rinnovarsi la pirateria tanto nefasta nel passato. Sul principio del sec. xvn infatti Casa d’Austria favoriva, per gelosia contro Venezia, le scorrerie marittime degli Uscocchi, ed essi arrecavano sì grave danno al commercio della Repubblica, che questa dovette intervenire con le armi e colpirli fin dentro lo stesso porto austriaco di Segna: prova evidente che la costa orientale non perdette mai la disposizione naturale alla minaccia ed all’insidia. Certo non è possibile