138 ^’ADRIATICO allorché i legni degli Eruli e dei Goti correano ad infestare il Ponto e l’Egeo, non vi era luogo in terra o in mare che non corresse pericolo. Da questo momento la storia di Roma finisce. Ma prima di chiudere questa seconda parte, sarà bene passare rapidamente in rassegna le condizioni del commercio durante l'età greco-romana. Ee colonie greche avevano l’ufficio d’importare nella madrepatria i copiosi prodotti dell’Italia, quali il bestiame, il grano, l’olio, il vino, le legna, ch’esse scambiavano con la porpora di Tiro, i profumi e l’avorio dell’Etiopia, le lane, i vasi lavorati e tutte le finezze dell’Oriente. Nel tempo stesso i coloni andavano alla ricerca dell’oro e dell’argento, del rame e del ferro, e a questo proposito sono da ricordarsi particolarmente le miniere dell’Epiro, della Macedonia e dellTlliria. Anche per questa ragione i Greci ed i loro confratelli d’Italia s’introdussero dallTonio nell’Adriatico, col pensiero di sfruttare non soltanto la riva italica ma altresi l’orientale, giacché quest’ultima poteva essere riguardata quasi una terra vergine, inconscia delle proprie risorse consistenti nei metalli, nei boschi e nel bestiame, non dischiusa ancora agli scambi marittimi. Ea diffusione degli Elleni anche su quel bacino compromise il primato italico degli Etruschi, i quali fino allora aveano goduto il naturale privilegio di scambiare i loro prodotti, quali i vasi lavorati e dipinti, gli oggetti di rame e di bronzo, con al-