XVI PREFAZIONE ogni santo proposito, quel nemico distruttivo del benessere e della sanità , contro cui era bandita la crociata delle buone intenzioni e delle opere, stroncata o per difetto di cognizione o per prepotere di interesse contingente da parte di chi spesso predicava bene, ma razzolava male. 5. â Il Sabbadino, che associando lâesperienza ad una empirica conoscenza teorica, rivive una mentalità antagonista ai pregiudizi del suo tempo, sâatteggia a veridico salvatore dellâamata laguna, feticista assertore di tutta la benefica funzione, che la natura e la Provvidenza ad essa aveva assegnato. Ostili egualmente alla sua esistenza sono i tre elementi, che su essa direttamente agiscono : i fiumi, il mare e gli uomini, considerando il loro dinamismo in stretta connessione ed in rapporto di reciproca interdipendenza. Lâerrore, che aveva viziato nel suo concepimento originario la bontà dei provvedimenti adottati, si doveva ricercare innanzi tutto nellâ inesatta cognizione della dinamica lagunare e della giusta posizione dei fattori componenti, la cui risultante stava in funzione non già dellâ azione dellâ uno singolarmente operante, ma dellâ azione di ciascuno in presenza della reazione armonicamente riflessa da tutti gli altri. Poiché la laguna è un tutto organico, lâazione dei fattori, che su essa influiscono, opera con quellâ unità meccanica, con la quale in un organismo vivente ogni parte si coordina al tutto, agendo e reagendo in armonica corrispondenza alle funzioni delle singole membra contemporaneamente operanti. Tale concezione, dedotta dal Sabbadino da una postulazione teorica, diventa per lui il presupposto delle applicazioni pratiche, nelle quali in concreto deve trovar attuazione la soluzione del poderoso problema, secondo gli obbiettivi da raggiungersi. Superando le visioni ristrette dei suoi contemporanei e ad esse opponendosi, dopo aver postulato la funzione unitaria della laguna, era naturale che la sua mente non potesse adattarsi a soluzioni parziali, ma si volgesse ad una risoluzione integrale Quando si parlava della «salvezza della laguna», che si intendeva? Pel Sabbadino era assiomatico che siffatta espressione non doveva esser ridotta alla difesa di questo o di quel punto, limitando la funzione dei valori lagunari. La difesa della laguna doveva esser intesa nella sua maggiore capacità di funzione, che non poteva essere raggiunta, se non assicurando lâintangibilità della sua massima estensione. Tutti erano dâ accordo nel rilevare che lâincostanza del regime lagunare era prodotta dal disquilibrio fra acque dolci ed acque salse : il disaccordo nasceva sui mezzi per ristabilire lâequilibrio, che i provvedimenti fino allora attuati non erano riusciti a realizzare, perchè diminuito il carico su un punto questo era stato aumentato su un altro, restando sempre circoscritto nellâambito di un medesimo sistema. Lâallontanamento delle acque dolci dalla laguna era rimasto sempre una illusione, perchè, sebbene allontanate dallo spartiacque veneziano, erano pur sempre rimaste nella laguna. E poi, entro quali limiti ed in quale misura era consigliabile diminuire la pressione delle acque dolci su quelle salse lagunari? Ridotto a questi termini elementari il problema, il Sabbadino traeva alcune con-