Ci lasciammo a Porto Buso - buoni amici - promettendoci di rivederci. Lo rividi, infatti, molte volte a Grado, dove capitava tra una spedizione e 1* altra, e dove si trattenne qualche tempo per un lavoro di dragaggio. Incaricato della sorveglianza notturna alla draga, ebbi allora occasione di molti colloqui con lui, che si era infervorato di un certo progetto di agguato in cui i motoscafi avrebbero avuto una parte importante. Ricordo, a questo proposito, che facendo notare la scarsa velocità dei motoscafi (eravamo lontani dai M. A. S. velocissimi !) e la probabilità di essere fatti prigionieri, un volontario irredento che morì poi in una incursione aerea, esclamò : " X)ìvo, no me lasso ciapar " e che Sauro replicò manifestando la ferma risoluzione di non suicidarsi - se fosse caduto prigioniero, - dichiarando che avrebbe voluto aver due vite per sfidar almeno una volta la forca. E diceva questo, semplicemente, col suo sorriso arguto, che dava un’ espressione maliziosa alla sua faccia bonaria, sempre ilare e calma, anche nei momenti più gravi, quale certamente la videro i suoi carnefici nel giorno del martirio. Altra meta delle mie escursioni erano le batterie della Marina, sull’ Isonzo. I pretesti per andarvi non mancavano. Fino dai primi tempi, come ho detto, un volontario - Angelo Procaccini - era stato assegnato ad una batteria dell’ Isola Morosini. Ricevuto, al suo arrivo, poco meglio di un cane in chiesa, il buon Procaccini era riuscito, in breve tempo, a diventare il beniamino di tutti. Lui nell’ osservatorio ; lui incaricato delle difficili mansioni di capo gamella ; lui mandato a Venezia, per delicati incarichi, lui insomma il factotum della batteria. Poi, un bel giorno, forse per la lunga consuetudine di vivere sui rami di un grande albero che costituiva 1’ osservatorio della batteria, sentì prepotente il desiderio di spic- 13