coperta, il cannoniere al pezzo, il torpediniere accanto alle bombe, il comandante al timone o intento ai segnali. Qualche volta, da un semaforo si segnalava: Sommergibile in vista ; a due, a tre, a dieci miglia. - E allora, altri M. A. S. giungevano in rinforzo e si sparpagliavano sui fianchi, di prua o di poppa ai convogli. Talvolta si udiva uno scoppio, seguito da altri, ed alte colonne d’acqua si alzavano dal mare. Un M. A. S. aveva visto o creduto di vedere un periscopio, una scìa ed aveva lanciato una bomba. 1 M. A. S. partivano allora in caccia alla ricerca del nemico. Nemico insidioso e pauroso, nello stesso tempo, che non osò mai attaccare un convoglio scortato dai nostri motoscafi. Questo fatto, in certo modo, lusinghiero per i M. A. S. e rassicurante per le navi che erano affidate alla loro scorta, provocava però un certo malumore negli equipaggi. A nessun cacciatore piace di tornare a casa, sempre, a mani vuote. Una volta, però, un sommergibile, più audace, che aveva -il giorno prima - tentato di sviare i M.A.S. dalla scorta di un convoglio, molto importante, cannoneggiando - a poche miglia da questo — un piccolo veliero, — osò, profittanto del tempo burrascoso, avvicinarsi alla costa dov’era incagliato un piroscafo. Ma un nostro M. A. S. vigilava, ed il suo Comandante, il volontario Nicolò Cer-ruti, con mossa rapidissima, diresse la prora contro la scìa, e lanciò tre bombe. La scìa scomparve e, subito dopo, vennero a galla grandi chiazze d olio e bolle d’ aria - tutti gli indizi insomma del-l’affondamento di un sottomarino. Dopo il lancio di altre bombe, furono chiamati i palombari, ma il mare troppo burrascoso non permise che essi compiessero le loro ricerche. Passarono così alcuni giorni, durante i quali, l’ansia dell’attesa produceva in tutti gli equipaggi dei M.A.S. una sovraecci-tazione nervosa che si sfogava in discorsi, in discussioni interminabili, sopratutto all’ ora della mensa. L’equipaggio del M.A.S. lanciatore delle bombe, era, naturalmente, 56