che i veicoli si alzassero in volo. Poi, fermo, a motore spento, aspettavo. L’ attesa non era lunga. Dalla parte di terra gli apparecchi comparivano, piccolissimi punti, all’ orizzonte, e rapidamente s’ingrandivano prendendo forma e voce. E dalle voci diverse dei vari motori, per l’esperienza acquistata nella scorta quasi quotidiana, avevamo finito per distinguere il tipo degli apparecchi : idrovolanti nostri e francesi - Neuport, Farman, Caproni. I velivoli giungevano velocissimi, ci passavano sul capo ; si allontanavano dirigendosi verso la meta : Trieste, Pirano, Capo Salvore. Talora erano stormi che trasvolavano con un fragore terribile di burrasca ; talora erano due, o tre, soltanto, e, qualche volta, anche uno solo, dei nostri, della squadriglia di Gorgo. E da questi ultimi, spesso, gli aviatori, passando a bassa quota, ci salutavano colla mano, e, talora, ci lanciavano un messaggio, che scendeva dall’alto, in mare, sventolando la leggiera fiamma bianca o rossa. Appena passati, rimettevamo in moto, seguendoli a distanza, ma in modo da non perderli di vista. Assistevamo così al combattimento, coll’animo sospeso, con tutte le facoltà nostre concentrate nella vista e nell’ udito. Prima vedevamo le nuvolette bianche o nere che salutavano 1’ arrivo dei velivoli ; poi si udivano i tonfi sordi, attenuati dalla lontananza, delle bombe, e finalmente comparivano le colonne di fumo, sollevate da queste. E dalla foschia, a poco, a poco, a due, a tre per volta, ricomparivano i nostri. Li contavamo. - Ne mancano cinque. - No, due sono là, su Nabresina. Gli altri piegano verso Muggia, prendono quota per prepararsi all’ attacco degli idrovolanti nemici. Qualche volta il conto non tornava. Ricordo che un giorno ero uscito per scortare un idrovolante in cui era osservatore il nostro Comandante, Capitano di vascello Alfredo Dentice di Frasso, succeduto, nel febbraio del 1916, al Comandante Rossetti. 24