a lasciarsi illudere dalle parole vane - occorreva appunto un Uomo come quello. Egli aveva finalmente cancellato di fronte alle altre Nazioni la leggenda, creata intorno al nome Italiano dalla tradizione secolare di Principi che col fasto avevano creduto di scusare ogni debolezza, ogni errore, ogni colpa. Serietà ed onestà nella vita privata come nella politica, egli aveva ritenuto le doti più necessarie per il Sovrano d’Italia, e praticandole, aveva finito per creare in favore del suo Regno e quindi dell’ Italia, quelle correnti di rispetto e di stima che sono più forti di qualunque più agguerrito esercito. La stessa semplicità di modi, la stessa rigida coscienza del proprio dovere, la stessa precisione nei comandi, nell’ Uomo che ha avuto nelle mani le sorti della marina. Un giorno - confuso nella folla di ufficiali che seguivano a distanza il Sovrano e l’Ammiraglio di Revel - pensavo che la fortuna aveva creato per l’Italia, sempre, in ogni occasione, gli uomini che le erano necessari. Prima della guerra, la nostra Marina aveva fama di valorosa, ben preparata come uomini e come materiale, ma tutta la preparazione si era rivelata bruscamente quasi inutile. Conveniva rinunziare ad ogni sogno di battaglie navali, cambiare assolutamente sistemi ed armi. Chi ha seguito, dall’inizio, tutta l’opera del Comandante del-l’Alto Adriatico - completata poi, nel suo nuovo incarico di Capo di Stato Maggiore, - può dire di quanta, paziente, minuta, costante preparazione, sian frutto gli atti di ardimento leggendario che hanno dato, in questo campo, il primato alla nostra Marina. Fasana, Trieste, Premuda, Durazzo, Pola, sono la conseguenza di mesi e mesi di allenamento, di faticose crociere, di oscure ricognizioni - volute e preparate, giorno per giorno, ora per ora, in base ad un programma ben chiaro, ben organico, da un uomo che non cono- 41