I CONDOTTIERI La guerra, quando il campo e le forze si potevano stringere in una vista e in una mano, era dominata dalla figura e dall’azione del Capo; quella che noi abbiamo combattuta sembrò fatta per togliergli importanza e rilievo. In una guerra in cui sovente il peso faceva da forza e il tempo da azione, in una guerra che, per masse di uomini e d’armi, per continuità e vastità di fronti, per somma e durata di sforzi, impegnava come virtù di donare e come capacità di produrre tutto il popolo, non potevano accamparsi da dominatori la volontà e il pensiero di un solo. Ma la statura del capitano, ridotta necessariamente dalle mutate proporzioni, fu anche diminuita dalla mancanza di prospettiva nel nostro giudizio e più dalle interessate svalutazioni dei prevenuti contro il genio e la virtù : ricordiamo la soddisfazione perversa dei molti che credettero dimostrata dalla vittoria l'impossibilità degli eroi. Troppo spesso nel quadro degli eventi si sono rappresentati i capitani come quelle figure sedute ai piedi dei grandi monumenti per accrescerne nel contrasto la solitudine e la mole. Ma ora che siamo abbastanza lontani dalla vicenda la vediamo sovrastata da pochi uomini : non altrimenti, uscendo dalle mura, si vedono sulla distesa dei tetti alzate le torri. Nella immaginazione dei popoli e in quella stessa dei poeti doveva subito imporsi il fatto umano nella sua immane terribilità: i deserti di rovine e le moltitudini di morti, la somma di tutte le audacie e di tutte le rassegnazioni, la tinta prevalente del sangue e la nota dominante del dolore. Così abbiamo avuto il mito di una umanità fatta persona senza volto nè nome, per il bisogno di riconoscerla in tutti e in nessuno.