118 I DIARII DI MARINO SANUTO Il tempo a scrivere, e il maggior tempo occupato giornalmente dal Sanuto a raccogliere nei Consigli, nelle Cancellerie, negli Archivi, in piazza, a Rialto e da innumerevoli conoscenti ed amici, le notizie, le lettere, i documenti, per 40 anni, oltre il tempo in precedenza e contemporaneamente impiegato a scrivere le altre sue opere, e la grandissima fatica, devono certamente avergli resa pesante ed abbreviata la vita. E dopo la sua morte, come egli fu vittima del più grande dei plagi, quando Marco Guazzo ottenne il privilegio di stampare e stampò quale proprio lavoro la storia della calata di Carlo Vili del Sanuto, e come il Bembo saccheggiò nei Diarii per compilare i suoi dodici libri di storia veneziana dall’ anno 1487 al 1513 senza accennare alla inesauribile fonte cui attingeva, cosi il nome del nostro grande cronista, che pure in gioventù era stato celebrato dal Sabellico, dal Giovio, da Aldo Manuzio, da Giacomo Filippo Foresti, dal Sansovino, dal Modesti, ecc., rimase dimenticato. Per oltre due secoli non si conobbe quasi 1’ esistenza di questa grande Cronaca, prima cioè della pubblicazione delle Vite dei Dogi fatta dal Muratori l’anno 1733 nel tomo XXII dei Rerum Italicarum Scriptnres. È cosa ben singolare, che niuno più del Sanuto si affaticò per illustrare la storia della sua patria, niuno scrisse più volumi, niuno ebbe nei primordi della sua carriera fama e lodi maggiori di lui, eppure dopo la sua morte egli fu subito dimenticato, le sue opere furono neglette e le memorie della sua vita rimasero affatto sconosciute per tre secoli. Ma la sorte peggiore toccò appunto all’ opera sua principe: i Diarii. Col testamento 4 dicembre 1533 Marin Sanuto avendo disposto in diversi modi di tutti i suoi libri e dei suoi scritti, lasciò alla Patria questa grande Cronaca : « Ilem » vojo et ordeno che tutti li miei libri delle storie et successi de Italia scritti de mia » mano, che comenza dalla venuta di re Carlo di Frauza in Italia, che sono libri li-» gadi et coperti, tutti et in armadio, numero LVI, siano de la mia Illustrissima Si-» gnoria, da essere posti dove loro pareranno et piaceranno, intervenendo li signori » capi del Consiglio dei X, dal quale eccelso Consiglio mi fo dato provisione di du-» cati 150 a l’anno, che zuro a Dio è nulla a la grandissima fatica ho fato ». La liquidazione ereditaria del Sanuto procedette assai male, tuttavia il cospicuo legato venne in possesso dello Stato e i preziosi volumi furono riposti in un loculo segreto del Consiglio dei X ed ivi custoditi, come carte di Stato di sommo valore, cosi gelosamente che si finì col perderne la traccia, per modo che il doge Marco Foscarini scrivendo della Letteratura Veneziana fece bene intender che esistevano negli Archivj secreti della Repubblica, ma ne diede scarse ed errate notizie, perchè ai suoi giorni non era concesso di scrivere di quelle carte che stavano appresso un magistrato principalissimo come il Consiglio dei X e sotto il suggello di un segreto inviolabile ed inviolato (1). (1) Cfr. Sagrepo nel Vaglio n. 8 del 24 febbrajo 1838.