Commedie a soggetto 173 giungo a possedere quello che il mio cuore da lungo tempo ardentemente desiderava ! Qui l’ira di Pantaleone si accresce. Lo rimprovera con gran forza di aversi presa una soverchia libertà non compatibile colla morale e colla bassa condizione di servo. Pure a stento grande si modera, onde scoprire il tutto, ricordandosi e facendosi legge del consiglio di Brighella. Arlecchino segue, dicendo: che dopo averla bene baciata, infil-zolla ed usolla per molti giorni e nelle circostanze di bisogno. Smanie terribili di Pantaleone. Il servo aggiunge, eh’ essendo egli di buon cuore, l’avea anco prestata a qualche amico. Pantaleone non può più dal furore, e disperato vuol sapere dov’ella si trova. Arlecchino mostrasi incerto: ina il vecchio cacciata un’ arma minaccia ucciderlo. Alfine Arlecchino dice, che trovandosi in qualche necessità di denaro l’avea data a nolo ad un Ebreo. Pianti dolentissimi di Pantaleone; e meraviglia del servo fra di se, perchè dia tanta importanza a quel vecchio vestito. Battagliuola fra loro, ec. È innegabile che tali equivoci non muovano a forte riso, e non sieno senza un qualche ingegno. Ma gl’ istrioni per destare i sghignazzi del popolo ne dicono di grosse; e se ciò non fanno, non piacciono e dal più degli uditori sono dichiarati senza spirito. Ciò che vieppiù sorprende, sono i continui dileggi alla pubblica autorità ed ai costumi attuali, che veggonsi in tali commedie. A’genitori severi si ruba la figlia, malgrado della loro grande vigilanza; e quella si marita sempre a dispetto di essi; e poi in aggiunta si veggono que’padri bastonati. I medici ed i notai sono sempre il zimbello delle maschere teatrali. Il podestà od il giudice è sempre uno sciocco, e nelle commedie di magie, vengono per lo più trasformati in asini. In una commedia dell’arte, in cui Arlecchino diventa re, si vede questa maschera assisa sul trono. Ecco due per-