VISITA E GUIDA 43 lo. Come comanda l’È. V. Patrìzio. Oe Toni, Bepo, asini, carogne, mette qui» un tavolili, ec. Si assidemmo. Il patrizio fece banco ed il segretario ed io puntammo al Faraone. Il patrizio sbuffava ed arrab-biavasi mollo quando perdeva. Tirava poi il dinaro con dispregio allorché era vincitore. Con ciò egli mostrar voleva che del dinaro nulla importavagli. Intanto sopraggitmsero dei patrizi! e delle dame. Io mi vergognava di trovarmi in mezzo a tanta cospicua nobiltà e ad un lusso di vestito che sorprendeva. Tutti chiesero a mezza voce chi io fossi. E1 ze un foreslier, rispondeva molto serio il patrìzio, a mi raccomandà. Questa parola di forestiero è in Venezia come sacra, e chi ha questo titolo e sia di discreta condizione, può appartenere alle più alte società. Una vecchia dama vestita magnificamente si assise al mio fianco e mi fece con gravità alcune interrogazioni. Io con pulitezza e col dovuto rispetto le risposi. Intanto si fece notte e si alzarono degli altri tavolieri da giuoco; ma io non abbandonai il mio, a cui assisteva il patrizio padrone. Vi fu trattamento di caffè, limonate e gelati; ed io con sommo mio rossore, perchè forestiere, fui servito il primo ; costumanza gentilissima, che in Venezia si osserva con ¡scrupolo grande. Arrivò un’ora dopo mezza notte che ancor si giuocava, e pareva che andar si volesse molto a lungo. Quando si udì una voce a dire che lampeggiava e che il cielo era annuvolato densamente. Allora tutti si alzarono e si disposero con alquanta furia a partire. Io presi licenza dal patrizio padrone, inchinai tutti, e fui da carte da una parte sono a vantaggio del puntatore e quelle dell’ altra del banchiere. Chi punta prende una carta da giuoco, e su quella pone «1 denaro che arrischia, ec. Si giuoca in tutto silenzio.