364 Caratteri. loro focosissime baruffe, veder quei gesti spinti, quelle strane mosse di corpo e di testa, quelle mani sui fianchi, quei volli abituati ad esprimere ad evidenza tutti gli affetti dell’animo, mi offriano bene spesso divertimenti per me impareggiabili. Nulla poi di più ridicolo quanto l’incontro di due donne ordinarie ed amiche che da lungo tempo non si vedono. Prima di tutto sghignazzi romorosi, curvamenti di corpo e gesti esagerati di meraviglia. Ecco un piccolo e-sempio dei primordii del loro dialogo. — Oh maledetta! qua ti ze? — Siestu impaluda ! No ti ze gnancora morta ? — Hi stago ben. E ti come stastu, brutta bogiessa?(l) Oh che piccada! De salute no gh’ è mal. — Go caro dasseno. Ti saverà, mazzada, quanta vog-gia gaveva de vèderte, ec. E tutto ciò accompagnato dal porsi in gran caricatura le mani nei fianchi, da strane mosse di corpo e della testa, da un girar vivacissimo di occhi e da sghignazzi romorosissimi. Le millanterie poi degli uomini popolari nei loro contrasti, sono infinite, bizzarrissime le frasi, e sperticatissima l’azione. Per esempio: mi no go paura de vintiquat-tro compagni della to sorte. Scartozzo de pevere mal ligao. Figura da spaventar le celeghe. Mi co un solo pugno ghe ne butto diese per terra più grandi de ti. Me pareria de magnarmeli in salata. No go gnanca paura del campaniel de San Marco s’ el deventasse un omo. Te darò un schiaffo che peserà cento lire. Te darò una peada che te butterà de là de Strà (circa 20 miglia). Tasi, che ti ze pezo de uu porco; basta dir che to mare, co la te portava in brazzo, la te vendeva quattro soldi alla lira; ec. (1) Moglie del boia.