Do**’ A**A. 279 era al presente, per causa della prima, vieppiù accresciuta. Anna coglieva fiori nel vicin giardinetto, e ne formava un diurno elegante mazzolino, che con semplicità cd amore offeriva all’ uomo unico del suo pensiere. Don Carlo non mancava di accettarlo, con l’apparenza di tutta la gratitudine per un atto di attenzione si gentile. Adornavasi di que’ fiori con prontezza il petto, o sembrava anche portarli con qualche ambizione. Ma giunto però al palazzo di suo alloggio, egli si strappava quel mazzetto, c lunge con disprezzo gettavalo. Don Carlo, prima di recarsi al riposo, visitava la bella Azema; e non partiva se prima non aveale fatte le più vive proteste di amore e di costanza. Assicuravala che ben presto avrebbe adempiute le sue promesse. Azema, abituata a’ costumi orientali ed a starsi quasi sempre chiusa in un Harem, non palesava il menomo desiderio di uscire dal palagio Soranzo n sollevarsi alquanto con un’ aria più libera e più salutare. Ma Don Carlo, temendo che quel soverchio ritiro danneggiar potesse la di lei preziosa salute, fermò di volerla condurre a divagarsi un dopo pranzo pei canali maggiori di Venezia entro ad una gondola scoperta. Difatti I’ obbediente Azema, vestita con tutto il lusso orientale e coperta il sembiante con bianco velo, sedeva sopra al divano nel centro della gondola. Sul sedile a destra stava Don Carlo. Il nero Mustafà, accosciato sul tappeto dinanzi, e eoperto il petto di rosso giustacore incarnato tutto ad oro e con le gambe avvolte in ampii candidissimi calzoni, andava fissando con uno sguardo non lieto e misterioso ora Don Carlo, ora la bella niunsulmana. Il cavaliere spaglinolo, non pratico di Venezia, ordinò soltanto a’ gondolieri di gire a sollazzo pei canali principali della illustre città. Giunta la gondola nel mezzo al gran canale, si videro moltissime barchette girar intorno a quel-