08 LA DAMA. ben tosto una tal noioso e rischiosa penitenza. Cominciai al mio solito a perdere. Una galante e vago damimi Reggendo la mia ostinata nemica sorte, sciamò : Chi ha fortuna in amor non giuochi a carte. Queste parole risvegliarono negli altri astanti l’umore piccante. La vecchia dama era tanto attenta al suo giuoco e tanto in quello s’ impazientava, che non vedeva gli sberleffi e le scede de’ suoi nipoti, e come dietro al capo le facevano le corna colle mani. Io pure soffersi continue punture, e benché nell’ animo non poco arrabbiato, pensai di riderne sopita con affettata giovialità. Si avviarono quindi tulti per partire; e quelle spiritose e belle damine mi lasciarono con modi di amichevole confidenza , ma ironicamente consolandosi del mio gusto in amore. Rimasi solo colla dama. Questa veggendomi un pochino confuso, e ritenendo che ciò fosse per la perdita di alcuni zecchini da me sofferta, mi aggiunse con molta pulitezza : voi siete figlio di famiglia e non avrete da gettarne. Voglio che facciamo un patto; quando giuocherete o da me od altrove in mia compagnia, giuocherete sempre per mio conto, c mie saranno le perdite, e mio, per non offendervi, pure il guadagno. La condizione era gentilissima, ma nel mio pensiero avea fissato di non voler per molto tempo godere le sue grazie. Quindi rifiutai il denaro perduto , eli’ ella volea rimborsarmi e del pari la cortese condizione. La vecchia parve colpita della mia delicatezza, e levato da’ suoi diti un anello di qualche valore, me lo pose forzatamente in dito, dicendomi lo tenessi per sua memoria : del che forse qualche altro giovanotto si avrebbe chiamato contento ; ma io sono di pensare non troppo comune. Intanto si annunziò alla dama che davano in tavola.