Ernesta. 309 Mi arrabbiai, e credetti di essermi regolato male. Dissi tra me : costei ha certo un gran fondo di virtù e paventa di tutto. Da lì a qualche giorno pensai portarmi dal parroco della contrada dell’Angelo Raffaele in ora del mattino , in cui mi era stato detto 1’ avrei con certezza trovato. Per combinazione cadea una grossissima pioggia. Abituato sempre a non farmi inerte per qualunque intemperie, mi mossi sotto ad un ombrello verso la contrada dell’Angelo. A mezza via trova! Ernesta, che a lento passo e cogli occhi chini si recava all’ usato suo bassissimo mestiere. Scalza, con la veste grondante d’acqua, e senza nulla sul capo mi destò la maggiore compassione. Quella dirotta pioggia le avea suo malgrado lavate in parte quelle rotonde braccia e quelle bellissime mani. Lo scalzo piede, pur reso alquanto pulito, facea vedere la piccola e delicata sua forma, sormontata da una regolarissima polpa di gamba. Il suo volto appariva il più ammirabile che io mi avessi veduto. Di carni che ben si poteano dire gigli, di gote che chiamarsi ben si potevano rose, con una bocca graziosa, di aspetto dolce e tutto bontà, era coronato da que’regolarissimi contorni a cui difficilmente ponilo trovarsi gli eguali. Lo splendore de’suoi occhi vivi e modesti nello stesso tempo appariva su quel quasi netto volto (mi si perdoni questa espressione poetica) come quello del pacifico astro notturno, da cui cominciano a diradarsi le nere nubi. Ne restai maggiormente sorpreso; ma, lo confesso, 11011 però innamorato. Mi portai dall’ ottimo pastore, al quale con franchezza dissi: essere mio desiderio di veder tolta da quella abbiettissima mendicità una tanto angelica bellezza. Il pastore sorridendo mi rispose: ch’egli ben conosceva Ernesta, ed esser vero ch’ella era dotata di un bello straordinario. Mi aggiunse, che un celebre pittore forestiero, sorpreso al pari di me, le aveva offerto del denaro non poco, ¿8