Do>n’ Ama. 283 Ma o fosse per quella notte alquanto calda, oppure per la poca tranquillità del suo animo, e’ gettava con inquietudine le braccia qua e là per il letto, ed anche andavo di quando in quando mettendo dei sospiri. Sforzavasi spesso a tener chiusi ‘gli occhi, sperando in tal guisa più sollecito il soccorso del sonno bramato. Ma nell'ultima volta ch’egli deprivali e volgevali a caso verso le finestre della stanza, le quali semichiuse per dar adito od un poco d’ aria fresca, permettevano 1’ entrata ad una debole luce, vide nel mezzo come un’ombra umana. Questa sembrava starsi immobile. Il cavaliere fissò meglio, e fu convinto non esser quella un sogno nè una fantastica apparenza. Don Carlo disse allora con alquanta forza: chi è là!... Non appena ciò ebbe detto che l’ombra si lanciò verso di lui. Don Carlo alzossi a mezzo corpo e fu fortunato nel poter afferrar la destra di colui che lo assaliva, in cui vide luccicar un pugnale. Cominciò una forte lotta. L’assalitore tentava di liberar la sua mano. Don Carlo ben conosceva che la propria morte da ciò era dipendente. Unì alla sua destra, che quella ignota destra teneva presa, anche la mano sinistra. Ma Io stesso fece con tutta prontezza il feroce incognito. Don Carlo ormai malissimo si difendevo perchè quasi steso sul letto. Fu obbliguto gridare: soccorso, soccorso. A questa voce l’ignoto addoppiò il suo furore. Spinse col proprio corpo le stesse sue mani verso Don Carlo, sforzandosi di volgere contro a questo la punto del pugnale. Vi riesci in parte, facendo, malgrado la destrezza del cavaliere spa-gnuolo, sul fianco di questo una lieve ferita. Ma gli scudieri che posavano nelle vicine stanze non furono lenti o comparire. Alcuni entrarono all’ oscuro, ma si lanciarono furiosi al letto del loro signore, che conobbero assalito. Uno apri le finestre; un altro apparve con lume. E ben presto tutti i domestici della famiglia Soranzo e gli