i6o L’AZIONE DELL’ESERCITO ITALIANO 160 Lucca, di otto batterie da montagna, di tre compagnie zappatori del genio, una di telegrafisti, una di minatori, iniziava le operazioni di imbarco a Taranto. Trentaquattro piroscafi nazionali e tre francesi furono adibiti al lungo e periglioso trasporto. L’ n agosto, il primo scaglione di truppe italiane sbarcava a Salonicco; il 19, l’ultimo. Ottima fu la prima impressione prodotta dalle nostre truppe, al loro arrivo. «Noi non avremmo mai supposto — scrisse il Ward Rice nella sua storia dell’esercito di Salonicco — truppe così superbe e superiori ad ogni elogio.... Esse portavano un peso non indifferente sulla bilancia degli alleati nei Balcani ». Il 25 agosto, il generale Sarrail, accogliendo il desiderio subito espresso dal generale Petitti di Roreto, ordinava il trasferimento della 35* Divisione nel settore del Krusha-Balkan, tra il lago Doiran ed il fiume Carasce: 48 chilometri di fronte aspra e di andamento a noi sfavorevole, ovunque dominati dalle linee bulgare, ch’erano tracciate lungo la cresta del Belasika Planina. Pessime erano poi le comunicazioni con la base di Salonicco. La fronte assegnata al nostro contingente era di un’importanza capitale agli effetti della difesa del campo trincerato, poiché di là, in caso di sfondamento, i Bulgari avrebbero potuto aggirare le forti posizioni comprese tra il Vardar ed il lago Doiran, tenute dai Francesi, e giungere facilmente al mare. In poche settimane di incessanti ed aspre fatiche, i nostri soldati misero in grado tutta la linea da noi presidiata, sin allora priva di qualsiasi difesa, di poter resistere validamente a qualsiasi attacco. Inglesi e Francesi non poterono a meno di manifestare la loro ammirazione. Furono inoltre riattate e migliorate le vie di comunicazione, rinforzati i ponti esistenti e costruitine due nuovi, organizzati tutti i servizi di rifornimento, ampliato e sistemato il servizio sanitario, al quale fin dalle prime settimane bisognò dedicare le massime cure, poiché la zona del Krusha-Balkan era eminentemente malarica. Già, infatti, le epidemie cominciavano la loro opera insidiosa.