128 Giustina Rossi. Vittore, mia cara madre, è qui Vittore ; quella ragazza rispose. Agnese volò ad ¡schiudere 1’ uscio. Ecco apparire un giovinetto di buona e gentile statura. Dagli sguardi di questi due esseri si sarebbe potuto conoscere facilmente eh’ erano amanti reciproci. Una seggiola viene tosto approntata, presso alla quale Agnese ne lira un’ altra, su cui si asside. Vittore si volge alla vecchia Giuslina, e le chiede di sua salute. Poco bene, quella risponde, poco bene, figliuolo mio. Peno di giorno e peno di notte. Pittore: E venuto oggi il medico? Giustina: Si, è venuto ... ma egli non sa più cosa ordinarmi. I miei mali, caro Vittore, hanno origine diille passioni che lacerano di continuo 1’ anima mia. La disgraziata morte del mio buon marito mi sla sempre impressa, ed a quella sempre penso. Ecco il veleno che lenta-menle mi strugge. Pittore : Permettetemi, o cara madre, che vi faccia riflettere che sono ormai otto anni eli’ egli è passato alla eternità. Così dicendo Vittore si assise. Poveretto! rispose la vecchia. Egli peri, pur troppo, naufrago nell’Arcipelago, allorché tornar voleva in braccio alla sua diletta famigliai Quel bastimento che conducevalo conteneva pure i frutti delle sue lunghe fatiche, dei penosi suoi viaggi, e del suo esteso commercio di specchi. Tutto è perito. Eccomi ridotta vedova, miserabile, e col pensiero di una giovane figlia I Fino ad ora mi sono ingegnata sussistere col privarmi a poco a poco di tutto. In adesso che non ho più nulla, come volete che io non senta maggiormente il peso della perdita dell’ ottimo mio consorte? Pittore: È vero ; ma II cielo provvederà.