Ernesta. 3G7 tenni che quel capo in ai avesse adoperato pettine di sorta. Si conosceva non aver ella camicia, e la sua lacera veste ed il corpettino, che appena coprivanle ciò che prescrive la decenza, erano formati di pezzi irregolari di vario colore, su cui dominava una ributtante sporcizia. Benché lontana da me di alcuni passi, io sentiva il tanfo eh’ ella esalava, e che mi era incomodo non poco. Ma nel guardare s’ella mi seguiva, rimarcai, malgrado al ribrezzo che mi destava, aver ella.delle buone forme. Tornai a riguardarla, e mi parve più bella. Giunto alla casa e chiamato da me il servo, conse-gnogli colei il pesce. Io mi fermai per pagarla, ed appositamente trassi il denaro a bell’agio e m’imbarazzai nel contarlo, onde aver campo a meglio osservare questo strano essere. Il lettore non mi crederà, ma io pur debbo dirgli che creatura bella di questa, in tanti fatti da me viaggi non mi apparve giammai dinanzi agli occhi nè prima nè dopo. Con quel bruno sporco, pienotta anzi che no, mi parve di vedere una bella immagine di mano di Raffaello, ma certamente colei era più delicata. Le diedi pochi soldi. Ella cogli occhi sempre bassi prese commiato, ed io rimasi pieno di ammirazione. Salite le scale, non potei fare a meno di render partecipe alla mia albergatrice la molta mia sorpresa. Essa si pose a sorridere, e mi disse che io aveva ragione; che dalle finestre di casa poste sopra la pescheria l’avea tante volte ammirata, ed anco fattala chiamare appositamente per vederla più da vicino. Che io non era il solo che la dichiarassi di una bellezza perfetta. Molli e molti, soggiunse la signora Dorotea, hanno fatto ad Ernesta delle offerte , segnatamente i più ricchi negozianti di pesce. Tutto invano. Ella dichiara non volerne sapere di uomini. E, seguitò ridendo, credo che quella sporcizia, che non si