302 I Tagliatabarri. e nuca ... za me capi; e eli’el sa tutte le più piccole cosse che succede in sto paese? — Certo; i voleva rosegar un osso troppo duro, e in vece i s’ha rotto a lori i denti. No vorrnve gnoncaesser un’ ongia sola de un de colori. Come adesso i sarà pentii ! Che fulla (1) che i gaverà !.. Ma se la vedesse, lustrissima, come ze allegro el sior missier grando! Par che gabbia toccà un terno al lotto. Andè, bon omn; fè che vostra muggier fazza ben quel lavoro, perchè mi in sta sorte de fatture son una donna che se ne intende assae, e propriamente suttila co fa 1’ o-gio. E vii vivè sicuro che sarè ben pagà. — Me mnravegio, lustrissima; torna conto a tignirse sempre ili bona un omo della qualità come so mario. Delle volle se poi aver qualche bisognetlo anca del missier grando ... una man lava I’ altra. Za la me capisse, lustrissima. ~ Si, fio, andè, eh’ el cielo ve benedissn. Allora quel finto sarto,affastellato bellamente il datogli ferminolo, scese giù delle scale. Massima fu la rabbia del Messer grande, e non minore di certo la sorpresa della moglie, allorché amendue conobbero tolto loro intieramente il mantello con un tanto inatteso e furbesco tratto. In Venezia acquistarono poscia il nome di tagliatabarri anco coloro che dicono male delle persone assenti, o, come dicesi figuratamente, dietro alle loro spalle. E ciò perchè danneggiano nascostamente 1' altrui fama, appunto come i tagliatabarri guastano gli altrui mantelli senza che i padroni di questi possano far fronte al danno ad essoloro recato. (I) Cran paura.