CAPITOLO XXXVI. Ebrei. Passando di giorno per una via principale incontrai un uomo alquanto avanzato di età a cui circolo fenno artigiani bassi , donnaccie e ragazzacci, che lo maledicevano con orride imprecazioni, e fischiavano ed urlavano. Quel vecchio vedeasi pieno di tutta ira e con ingiurie rispondeva a coloro. Mi fermai da un bottegaio, e gli chiesi il perchè di tanto disordine. Il bottegaio, che parvemi uomo assennato, mi rispose esser quello un Ebreo. Colui sgraziatamente è soggetto, proseguì, ad una specie di paralisi, che dopo nove o dieci passi gli fu eseguire un involontario movimento, per cui sembra a rischio di cadere. Quest’Ebreo, che fu il inercan-luccio, è costretto girare la citlà per vivere. Ma il busso ignorante popolo tiene che detto strano movimento dipenda perchè discendente l’israelita da uno di coloro che of-fesero il Salvatore, ed anzi da chi gli diede un calcio. Ed ecco il motivo degl’ insulti assai gravi che riceve troppo spesso dulia gentaglia che incontra. Intanto la furia del popolo cresceva ; e perchè l’Ebreo colmo di sdegno prorompeva in forti oltraggi contro agl'insolenti, già comiuciavasi a percuoterlo. Il bottegaio suddetto con altri ed io pure ci mettemmo di mezzo. Non ebbi ri-