Sposa persiana. 183 Esser suol nei perigli disperazion maèstra. Attenderlo qua dentro è di viltade un segno. Le leggi, dii non opra, attenda del suo sdegno. 0 vincere o morire mi alletta e mi consola: O vieni a pugnar meco o vado a morir sola. Tamas No, non morrai tu sola, donna sublime e forte. A vincer verrò teco e teco incontro a morte. Fammi arrossir quel labbro, fammi arrossir quel core.. M’ anima il tuo consiglio, forza darammi amore. Sarei troppo lungo se parlar volessi delle commedie tutte di quel grande autore, e recar tratti di sua somma eloquenza, e della sua impareggiabile facilità di dir cose difficili in versi cosi spontanei, e più degli artifizii de’suoi nemici. Farò un cenno rapporto a questi ultimi allorché an-nunziossi una nuova sua produzione col titolo La Dalmatina. Vi furono tosto degli zelanti, che sparsero fra i numerosi dalmati che stanno in Venezia di ogni condizione, che il Goldoni avea scritta tale commedia per dileggiar quella in fatti onoratissima e brava nazione. Ciò accese di sdegno non lieve quegli animi fieri e piuttosto vendicativi. Comparvero nella sera di prima recita, i dalmati in teatro in grande quantità con dei lunghi spadoni al fianco e con i lori ganzali sotto al petto. Andavano tirandosi bruscamente i mustacchi e sbuffando e minacciando 1’ autore a mezza voce, che l’avrebbe da far con loro, se menoma cosavi fosse in quella rappresentazione contraria al loro onorato carattere. Ed erano uomini che quando promettevano avrebbono saputo mantener la parola a tutto costo! Mi trovava io pure in teatro, e niente piacevami mirarmi in mezzo a que’ forti uomini ed a quelle fisonomie severe e tenebrose. Temeva pel Goldoni. Ma dall’ altra parte eraini nota la sua grande saviezza di condursi nel mon-